Dall’11 febbraio al 2 giugno al Palazzo Bonaparte di Roma Edvard Munch ed il suo grido interiore

Foto di Marilena Giorgia Sperlinga

Edvard Munch (Norvegia, 1863 -1944), un artista tormentato, la cui angoscia diventa grido di dolore soffocato, interiorizzato, approda al Palazzo Bonaparte di Roma con una retrospettiva, patrocinata dalla Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, in collaborazione con il Museo Munch di Oslo. 100 opere prese in prestito dal museo di Oslo che raccontano una vita segnata dalla malattia e dal dolore.

Foto di Marilena Giorgia Sperlinga

La mostra, a cura di Arthemisia, è un percorso immersivo, ben congeniato che lascia addosso una sensazione di inquietudine, la stessa che provò Munch tutta la vita.

Foto di Marilena Giorgia Sperlinga

Bohemien del circolo di Kristiania, attuale Oslo, Munch ha  avuto il plauso di molti artisti del tempo ed ha affrontato il tema della malattia anche attraverso una approccio innovativo, sviluppando un amore per il vitalismo e per forme di auto-medicina, che oggi chiameremo naturopatia.

Lui, figlio di medici, si discosta dalla medicina ufficiale e guarda alla natura con speranza; in quadri come  “i Bagnanti” l’approccio al nudismo è un plauso a tutto ciò che vive di naturalezza, senza sovrastrutture.

Foto di Marilena Giorgia Sperlinga

Il suo rapporto con la natura è consolatorio e terapeutico, la sua disperazione è lo sfondo su cui si stagliano molte delle sue creazioni più importanti, fra tutte il celeberrimo “l’urlo”, in questa mostra opera esposta come litografia, in quanto sono molte le versioni di questo quadro e tutte talmente fragili da venire difficilmente esposte al di fuori delle loro sedi.

Foto di Marilena Giorgia Sperlinga

Munch dipinge l’intensità del sentire, emozioni profonde legate all’infanzia, al dolore, all’amore e alla morte.
Vicino ad una certa interpretazione della psicologia freudiana, nei suoi dipinti troviamo processi inconsci come la rimozione, ad esempio nella stanza della malata, la condensazione come nel bacio e la simbologia, perché nell’urlo l’uomo scompare e diventa maschera, fantasma di sé stesso come espressione di estrema sofferenza.

La pittura di Munch è fatta di colori, spesso il verde e d il blu, e di prospettive telescopiche, di stanze che fungono da scenari teatrali in cui si manifestano le emozioni più autentiche. Fra sogno e realtà, perché è l’inconscio che detta legge.

Il suo rapporto con il femminile è complesso, nel ciclo il fregio della vita opere come Madonna, il cui titolo alternativo è donna che fa l’amore, esprimono tutto il simbolismo di una donna che cattura per defraudare l’animo, la donna è vita, ma è anche strega. L’estasi di un abbandono ed il rapporto problematico con il falso mito idealizzato della maternità. In Munch questi temi ritornano perché frutto di riflessioni personali e profonde.

Foto di Marilena Giorgia Sperlinga

L’amore per lui è privazione e Tulla Larsen, la donna che decise di sposare e che lo lasciò per un amico pittore, si trasforma in un emblema di seduzione e crudeltà, manifestandosi come un’assassina spietata, sporca del sangue del suo cuore.

Foto di Marilena Giorgia Sperlinga

Munch, a cui morirono madre e sorella, ha vissuto l’abbandono del femminile in maniera totale, l’amore e la morte sono due leit motive che arricchiscono di senso la sua opera.

Una mostra interessante e costruita sapientemente, un modo onesto per conoscere un grande artista.

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