LA CUSTURERA

La storia del cucito e del ricamo ci porta indietro di qualche millennio quando furono scoperte su sculture, graffiti e ceramiche, dipinti del XII secolo a.c. che riproducevano stoffe ornate con ricami ad ago.

Negli anni della dominazione araba la Sicilia ebbe un ruolo determinante nell’arte del ricamo, i saraceni aprirono laboratori specializzati (rakam) di disegno, applicati inizialmente agli abiti dei nobili, agli arazzi e agli arredi sacri.

Un secolo dopo questa pratica si diffuse in tutta Europa. Nel Medioevo le contadine erano talmente povere che si cucivano da sole i modesti abiti che indossavano mentre le nobildonne si occupavano di lavori femminili, principalmente tessitura e ricamo.

Nel Rinascimento le donne, ancora fanciulle, venivano affidate alle suore dei conventi per imparare a leggere, a scrivere, a filare e tessere.

Fuso, telaio e ago erano gli strumenti comuni a tutte le donne, aristocratiche e popolane. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, il mestiere di sarta sostituì quello di serva.

Molte donne dalle campagne partirono da sole per le città dove si erano sviluppate le grandi sartorie. I consumi degli abiti confezionati, dell’alta moda e della biancheria grazie anche alle innovazioni tecnologiche avevano permesso una nuova organizzazione del lavoro.

Accanto alle grandi sartorie sorsero piccoli laboratori dove donne intraprendenti, dopo aver frequentato corsi di cucito e comprato a rate una macchina per cucire iniziavano un’attività in proprio.

Nella società dei benpensanti di allora questo mestiere venne apprezzato in quanto permetteva alle donne di essere autonome senza sacrificare gli impegni casalinghi e familiari.

Con il tempo si diversificò con nuove figure: la magliaia, la bustaia, la pellicciaia, la berrettaia. Nonostante il loro numero elevato e il massacrante lavoro a cui erano sottoposte, non soggetti ad alcuna tutela, la loro povertà era amplificata dal ruolo degli uomini e delle consorterie ad essi legate.

La figura della sartina rappresenta un pezzo della storia della donna che ha cercato di affrancarsi dalla schiavitù nella quale da millenni era stata confinata.

“LA CUSTURERA” di Orazio Minnella

Manu di fata e fina custurera
ca cu filu e l’avugghia cusi ogn’ura
li sentimenti to’ a la me’ manera
pristannu a lu me’ cori tanta cura.
Lu manufattu to’ è ‘na jalera
ca ‘nsajiu pi stari dintra li to’ mura.
Cu tia c’è sempri suli, è primavera,
e quannu veni sira, mai mi scura.

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