LA FINE DI UNA RELAZIONE SI SUPERA IN QUATTRO FASI.

La rottura di un rapporto di coppia è innegabilmente una sofferenza dalla quale si vorrebbe uscire il più presto possibile.

Non è certamente una cosa semplice! Giusto per sfatare qualche luogo comune , la sofferenza non è  direttamente proporzionale alla durata del rapporto. Ovviamente, una coppia che ha messo su famiglia, ha delle responsabilità diverse rispetto ad una coppia senza figli, ma certamente la sofferenza non è correlata neppure a questo status.In psicologia il processo di separazione o di rottura viene equiparato allo stesso processo “del lutto”, perché l’evento è di per sé un vero e proprio trauma.

Sono quattro le fasi fisiologiche attraverso le quali avviene l’elaborazione del “lutto” e quindi della separazione. 

La 1° fase  chiamata della “NEGAZIONE” , in cui il soggetto che subisce la volontà dell’altro partner di non volere proseguire il rapporto, si rifiuta di accettare la realtà, arrivando a negare l’evidenza dei fatti e provando in tutti i modi a recuperare la relazione.

La fase successiva, la 2°, viene definita la fase della “RESISTENZA”, perché qui entrano in gioco comportamenti di ripicche, accuse , inganni , dettati dall’aver preso coscienza e consapevolezza della fine del rapporto. Di certo questa è la fase più delicata, perché l’esperienza insegna che, in una coppia con prole, accecati da sentimenti di conflitto si arriva persino a strumentalizzare i figli, divenendo oggetti di contesa, o addirittura vengono usati come valvola di sfogo per denigrare l’altro genitore nel proprio ruolo e responsabilità. Quest’ultimo comportamento prende il nome di “Sindrome di Alienazione Parentale”, a cui dedicherò un approfondimento nel prossimo articolo.

La 3° fase è quella della “DEPRESSIONE”, in cui dopo, aver esperito tutti i tentavi di recupero e di “aggressione”, si matura la consapevolezza che la fine della relazione è irreversibile. Questa fase è quella del dolore e dello sconforto. È molto delicata, perché si inizia a maturare l’angoscia di aver “perso” il partner, e nei casi estremi di dipendenza affettiva, risulta complicato elaborare la separazione. In questo caso è necessario rivolgersi a professionisti, perchè da soli non si è in grado di portare a termine il processo completo per superare il distacco definitivo dall’ex partner, con conseguenze permanenti di rabbia, sensi di colpa, accanimenti, perpetui conflitti.

La 4° fase, quella a cui vorremmo giungere sin da subito, è la fase  “DELL’ACCETTAZIONE”, in cui finalmente si conclude il processo di elaborazione del lutto e si spengono i sentimenti di dolore, di rabbia. Finalmente si ricomincia a sentire l’esigenza di fare progetti in piena autonomia, di prendersi cura della propria persona ed ad interessarsi a nuove relazioni  sia nell’ambito delle amicizie sia affettivo.

È importante capire che questo processo è naturale, che non esistono scorciatoie per scrollarsi di dosso la sofferenza, perché la sofferenza va elaborata e somatizzata. Nei casi patologici, in cui non si riesce progredire negli step successivi, non di deve esitare a chiedere aiuto agli specialisti.

Il Mediatore Familiare, è la prima figura di riferimento a cui bisogna rivolgersi, perché non solo è un facilitatore della comunicazione in quanto  possiede capacità psicologiche e giuridiche in grado di supportare la coppia nel processo sia di elaborazione corretta del lutto, sia di accordi equi per la coppia e per la prole, ma laddove intravede dei punti di snodo bloccati da fattori patologici,  condurrà la coppia ad una risoluzione degli stessi, indicando lo specialista adeguato per la circostanza.

Valeria Barbagallo

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