Anche a Catania il 30 novembre la Giornata cittadina contro la pena di morte

Il Comune di Catania ha aderito alla Giornata cittadina contro la pena di morte, che ricorre ogni anno il 30 novembre. Con questo atto – deliberato dalla giunta comunale lunedì 11 novembre 2019 – la città di Catania aderisce al progetto ideato dalla Comunità di Sant’Egidio “Cities for life. Cities against the death penalty”, ovvero la costituzione di una rete di comuni a sostegno della richiesta di impegnare ogni Stato a cancellare la pena capitale dal proprio codice penale.
A postilla della notizia, riproponiamo il messaggio di Benedetto XVI all’Udienza generale di Mercoledì 15 febbraio 2012:
“Soffermiamoci sulla prima preghiera di Gesù subito dopo essere stato inchiodato sulla croce, mentre i soldati si stanno dividendo le sue vesti come triste ricompensa del loro servizio. In un certo senso è con questo gesto che si chiude il processo della crocifissione.
Scrive san Luca: ‘Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte’ (23,33-34). La prima preghiera che Gesù rivolge al Padre è di intercessione: chiede il perdono per i propri carnefici. Con questo, Gesù compie in prima persona quanto aveva insegnato nel discorso della montagna quando aveva detto: ‘A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano’ (Lc 6,27) e aveva anche promesso a quanti sanno perdonare: ‘la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo’ (v. 35). Adesso, dalla croce, Egli non solo perdona i suoi carnefici, ma si rivolge direttamente al Padre intercedendo a loro favore.
Questo atteggiamento di Gesù trova un’imitazione commovente nel racconto della lapidazione di santo Stefano, primo martire. Stefano, infatti, ormai prossimo alla fine, piegò le ginocchia e gridò a gran voce: ‘Signore, non imputare loro questo peccato’. Detto questo, morì (At 7,60): questa è stata la sua ultima parola. Il confronto tra la preghiera di perdono di Gesù e quella del protomartire è significativo. Santo Stefano si rivolge al Signore Risorto e chiede che la sua uccisione – un gesto definito chiaramente con l’espressione ‘questo peccato’ – non sia imputata ai suoi lapidatori. Gesù sulla croce si rivolge al Padre e non solo chiede il perdono per i suoi crocifissori, ma offre anche una lettura di quanto sta accadendo. Secondo le sue parole, infatti, gli uomini che lo crocifiggono ‘non sanno quello che fanno’ (Lc 23,34). Egli pone cioè l’ignoranza, il non sapere, come motivo della richiesta di perdono al Padre, perché questa ignoranza lascia aperta la via verso la conversione, come del resto avviene nelle parole che pronuncerà il centurione alla morte di Gesù: ‘Veramente, quest’uomo era giusto (v. 47), era il Figlio di Dio’. Rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini il fatto che il Signore, sia a riguardo di coloro che veramente non sapevano – i carnefici – sia di coloro che sapevano e lo avevano condannato, pone l’ignoranza quale motivo della richiesta di perdono – la vede come porta che può aprirci alla conversione (Gesù di Nazaret, II, 233)”.

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