Buonismo e accattonaggio

Ph da “Accattone”, film di Pier Paolo Pasolini (1961)

“Dio ci guardi dalla religiosità degli atei!” pare che dicesse Bertrand Russell. E nemmeno i famosi antirazzisti mancano di razzismo. Razzismo vuol dire discriminare per i tratti somatici, cioé per la razza, il che spesso si riduce a giudicare e sentire dal colore della pelle soltanto; e ditemi voi se trattare qualsiasi soggetto con una speciale indulgenza per via del suo colore non è una discriminazione razzista a danno degli altri. Ma c’è un altro fondamento etnico forse più decisivo, perché è elettivo: la cultura antropologica.
I Rom – giusto per fare un esempio – hanno un codice di comportamento opposto al nostro, che conferisce loro identità culturale e li porta a vivere a margine delle culture ospitanti: vale a dire che per loro comportamenti decisamente negativi sono invece virtuosi e cementano i legami nel gruppo; sono comportamenti senza dubbio espliciti e comunque consapevoli. Un bambino può mendicare ed essere per la sua gente un modello di onestà, se a fine giornata porta il gruzzolo al suo capo tribù. Rifletto che dovremmo cambiare atteggiamento riguardo l’accattonaggio, a mio parere non dovrebbe mai essere tollerato. Ma, tornando a noi, tutti i paesi con un passato coloniale si sono confrontati inevitabilmente col problema di gruppi dalla morale esattamente contraria e lo hanno risolto con decisione, dove non sono bastate le buone maniere. Se il “signor X” parla italiano e si comporta come un Italiano, per me è Italiano. Ma se la sua famiglia lo elogia quando fa il bullo o peggio, non ci siamo proprio. Debbo considerare lui e la sua etnia antisociali. Quando supera la frontiera e si sistema dall’altra parte, il “signor X” deve integrarsi. La sedicente sinistra europea, invece, li mette nei libri di testo mentre li incoraggia a fare come desiderano. Morale neocon.

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