L’assedio di Messina, Val di Noto e Siracusa

Nell’843 d.C., il condottiero musulmano Faḏl Ibn Ğa‘far della tribù di Hamadān, approfittando del sostegno militare offerto dalla repubblica di Napoli, sbarcò presso il porto di Messina e diede inizio al saccheggio e alle rappresaglie all’interno della città.

Degna di nota fu la resistenza mostrata dai cittadini locali, “eroica gente in tutti i tempi”, il cui valore fu necessario a intimorire l’invasore musulmano almeno in un primo momento del conflitto, in quanto successivamente la città venne conquistata dall’esercito di Faḏl Ibn Ğa‘far.

Seguì la presa di un’altra città denominata dallo storico curdo Ibn al-Aṯīr (m. 1233 d.C.) “Meskān”, non citata però nei lavori dei geografi antichi. Dopo un’attenta e scrupolosa ricerca, Michele Amari ritiene che, probabilmente, la città annotata da Ibn al-Aṯīr nei suoi scritti potrebbe identificarsi con la “Mihkān”, ossia Alimena, di cui parla il noto geografo arabo al-Idrīsī (m. 1165-1176 d.C.), che operò presso la corte del sovrano normanno di Sicilia Ruggero II (m. 1154 d.C.). 

Vista la posizione geografica che la città di Alimena copre all’interno del territorio siciliano, collocata ovvero tra Palermo e il Val di Noto, i musulmani decisero di procedere in direzione di quest’ultimo, la cui conquista fu scandita in diverse tappe: la prima fu rappresentata dall’assedio delle fortezze di Modica nell’845 d.C., portata a termine con esito positivo. 

È importante ricordare che proprio in quell’anno si assiste all’invasione da parte dei musulmani dell’isola italiana di Pantelleria, nota allora con il nome di “Cossira”. La conquista fu dettata da ragioni strategiche, in quanto l’“isoletta”, situata a sud ovest della Sicilia e a nord est della Tunisia, rappresentava un importante punto di snodo delle comunicazioni tra la Sicilia e l’Africa.

La seconda tappa dell’invasione del Val di Noto riguardò la conquista di Lentini nell’847 d.C., anch’essa conclusasi con successo. Successivamente, le milizie musulmane partirono alla volta di Caltavuturo nell’851 d.C., dove persino i prigionieri di guerra vennero sterminati, e l’anno successivo si diressero presso Castrogiovanni, catturando moltissimi prigionieri che però, in quell’occasione, furono venduti come schiavi. 

I musulmani poi giunsero nella città di Butera nell’853 d.C., il cui assedio durò per ben cinque mesi. Ben dieci anni dopo, si assiste alla ripresa delle ostilità con i bizantini, nuovamente signori di Castrogiovanni, che porterà alla presa di Noto nell’864 d.C., la cui fortezza venne conquistata a seguito del tradimento di un abitante della città che mostrò ai musulmani la via d’accesso. 

La città verrà espugnata una seconda volta dai musulmani, guidati dal guerriero Ḫafāǧya due anni dopo, insieme a Ragusa e Girgenti; nell’869 d.C., Ḫafāǧya incaricò il figlio Muḥammad di guidare l’esercito musulmano per impadronirsi di Taormina, ma l’insuccesso dell’impresa li costrinse a tornare a Palermo. 

Nell’877 d.C., un nuovo governatore della Sicilia, chiamato Ğa‘far Ibn Muḥammad (m. 878 d.C.), guidò la milizia musulmana alla conquista di Siracusa, dopo aver saccheggiato Rametta, Taormina, Catania e altre città siciliane delle quali non sono stati conservati i toponimi. A garantire il successo dell’opera fu senza dubbio l’inventiva mostrata dagli arabi nel corso del conflitto, facendo ricorso a nuovi strumenti di guerra in grado da rendere i colpi inferti persino più letali: 

«[…] adoprarono macchine di tal possanza, che i sassi, in luogo di far parabola in alto, ammazzare ricadendo qualche uomo, sfondar qualche tetto, e portare più spavento che danno, folgoravan diritto ad aprire la breccia, come le nostre artiglierie grosse».

Le fonti, riguardo ai fatti di Siracusa, riferiscono addirittura che, per abbattere le mura delle fortezze, i musulmani si servirono delle baliste, macchine militari di invenzione greca e romana costituite da una sorta di balestra funzionale a lanciare sassi o grossi dardi. 

Nonostante l’arrivo del bizantino Basilio Macedone riuscì a far arretrare l’esercito di Ğa‘far Ibn Muḥammad, che si ritirò a Palermo, le truppe musulmani ripresero l’attacco nell’878 d.C., abbattendo la torre del porto grande e scontrandosi con una milizia bizantina che vide il sostegno di cittadini siracusani, pronti a scendere in campo contro l’invasore musulmano. 

Tra le fila degli abitanti di Siracusa non vi furono solo uomini valorosi, ma persino donne che diedero il loro aiuto in battaglia. I musulmani depredarono strade e templi, massacrando chiunque si trovasse sul loro cammino, bruciandone i cadaveri. 

I sopravvissuti, invece, furono ridotti in schiavitù, ma è importante ricordare che un numero piuttosto ridotto di siracusani riuscì a trovare la salvezza, salpando verso la Grecia. Con la presa di Siracusa, gli arabi avevano conquistato “l’ultima significativa roccaforte cristiana dell’Isola”.

Altre conquiste e rappresaglie si susseguirono nel corso degli anni, ma l’occupazione dell’intera isola verrà ultimata soltanto nella seconda metà del X secolo d.C., nello specifico nel 965 d.C.43, La Sicilia, in questo modo, non era più parte dell’Impero bizantino, ma divenne un emirato musulmano, evento che viene commentato dall’arabista Michele Amari con il seguente enunciato: 

«In una parola, la Sicilia era divenuta dentro e fuori bizantina; ammorbata dalla tisi di un Impero in decadenza; sì che, contemplando le misere condizioni sue, non può rincrescerci il conquisto musulmano che la scosse e la rinnovò»

Luca Mezzasalma

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *