Coronavirus e cambiamento sociale. La cultura media è il pilastro della cultura consumista

Sergio Pensato (poeta): Per accostare la cultura popolare occorre una “altissima” cultura, poiché la cultura “media” la contraddice distruggendola alla radice. Pasolini diceva così, all’inizio della sua esplorazione intellettuale.
La cultura media è il pilastro della cultura consumista, cioè il mondo neocon che ci ha costretti (con la complicità della sedicente Sinistra) a vivere tutti nella favola di Re Nudo. Il Sovranismo è pur sempre una risposta, sebbene che un tiro di sponda non possa essere sempre preferibile a un tiro diretto.

Carlo Ruta (storico): Davanti alla disillusione, alla fine delle certezze e delle facili retoriche, l’Europa avrebbe dovuto guardare le cose in faccia, reagire con senso di responsabilità. Invece va sfasciandosi, come in un ignominioso «8 settembre», mentre il presidente americano, se è vero quel che riportano alcune fonti, si adopera per ottenere l’esclusiva su un vaccino, ad uso degli States. Perfino l’Europa delle grandi economie, delle finanze, quella di Schengen, appare tristemente in fuga, quando paesi come la Cina, il Venezuela, Israele, perfino la poverissima Cuba, stanno prodigandosi in una solidarietà attiva nei riguardi dell’Italia, con l’invio di medicine, operatori sanitari, materiali protettivi e altro. Non è facile prevedere il futuro, ma una cosa è certa: niente più, in questa Europa, potrà essere come prima, perché ogni alibi è crollato.
Verrà tempo allora, di ripensare ad un po’ di cose: al made in Italy, alla delocalizzazione all’incontrario, a identità aperte, a un concetto largo delle cittadinanze. Occorre riagganciare i temi portanti della socialità, del vivere civile e, con un impeto particolare, le ragioni profonde della solidarietà, che ha costituito una delle più grandi risorse della storia. Un esempio per tutti ci viene dal mondo tardo antico, quando l’Europa romana, invecchiata, disillusa, demotivata e proiettata ormai verso un’implosione catastrofica, finì con l’essere sostenuta, per paradosso, da quelli che a lungo aveva ritenuto i suoi nemici: i Franchi, i Visigoti, i Burgundi, i Vandali, gli Ostrogoti, cioè i cosiddetti «barbari», che non portarono nell’Occidente mediterraneo pestilenze e caos, ma, a ben vedere, un ethos incardinato appunto sulla solidarietà. Fu quel costume solidale a consentire loro di attraversare territori immensi in maniera coesa, senza disperdersi. Fu quel costume identitario e solidale che, coniugatosi poi con la cristianità sul campo, come quella benedettina, fece risorgere le città e creò il telaio degli Stati che avrebbero fatto poi, con le loro vicissitudini, l’Europa.
La storia, evidentemente, ha insegnato poco ai ceti dirigenti che stanno inscenando questo triste «8 settembre».

Moked-Il Portale dell’Ebraismo Italiano, a firma di Dario Calimani (Università di Venezia): Ci si sarebbe potuti aspettare che di fronte a una catastrofe collettiva, di dimensioni globali, tutti avremmo recuperato quel po’ di senso comune, quel po’ di saggezza e quel po’ di unità che potesse giovare a tutti noi in un percorso comune verso la salvezza. E invece no. Se si escludono gli eroi disinteressati che stanno consapevolmente sacrificando se stessi per assistere i contagiati, vediamo politici meschini continuare a fare opposizione demagogica e a proporre l’ovvio e l’improponibile, come se il loro solo interesse fosse quello di raccogliere consensi e voti anche in momenti tragici come questi. E non osiamo pensare che cosa sarebbe successo se al potere, in un frangente come l’attuale, ci fosse stato qualche roboante rodomonte con le sue argute boutade.
Nulla cambierà dopo l’emergenza, ma qualcosa sta invece cambiando nel presente. È già cambiata, ad esempio, la valutazione del valore della vita umana. Ci stiamo abituando a considerare il male minore, un male inevitabile, la morte degli anziani. L’importante è che sopravvivano i giovani. Dei vecchi si può anche fare a meno. Torna alla mente la leggenda dei bimbi lasciati morire dagli spartani sul monte Taigeto. Si fa fatica a dar forma al pensiero, quasi ci si vergogna a dirlo, ma la nostra presente assuefazione all’idea che muoia una parte della popolazione (di chiunque si tratti) fa pensare a un terribile sacrificio rituale, inscenato e realizzato per ingraziarci il misterioso perdono di una spietata divinità di pietra, per valerci un’ingrata grazia assolutoria.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *