I Monzù

di Giorgio Ruggiu

Una tempo il termine chef non era conosciuto.

Una volta chi lavorava in cucina veniva definito cuciniere e chi li comandava era chiamato capo-cuoco.

A partire dal diciassettesimo secolo e fino alla prima metà del secolo scorso i cuochi molto capaci amavano definirsi, in Campania Monzù ed in Sicilia Monsù.

Quando ho iniziato il mio percorso in cucina, anni fa’, ho sentito diverse volte questo termine e mi sono sempre chiesto da cosa derivasse.

Il significato letterale di questa parola è “signore”, l’etimologia viene dalla storpiatura del francese Monsieur.

Tale termine nasce a Napoli negli anni in cui giunsero i primi cuochi francesi, al seguito della corte di Maria Carolina d’Austria, che, si dice, amasse poco la cucina praticata all’epoca a Napoli, la riteneva poco “nobile” ed essendo ella, sorella, della più famosa Maria Antonietta Regina di Francia, si fece inviare dei cuochi francesi, i quali una volta giunti a Napoli pretesero, dai loro collaboratori, di esser chiamati con il pronome francese Monsieur, che in bocca ai napoletani veniva storpiato in Monzù.

Lo stesso avvenne ai “monsieur” che giunsero in Sicilia, al servizio nella case baronali, dove però lo stesso pronome venne storpiato in Monsù.

Negli anni a seguire, il Monzù divenne una qualifica, che si attribuiva ai cuochi molto capaci, una sorta di onorificenza ante litteram.

Tanto è vero che una volta andati via i cuochi francesi, molti cuochi, autoctoni, lo adottarono come pronome per distinguersi dai cucinieri più modesti.

Molti di loro sono passati alla storia con questo appellativo.

Alcuni con il nome proprio associato alla casa per cui lavoravano o ai loro aspetti caratteriali.

Per esempio:

Pepp ò Tarramot, Monzù ra Casat rò Baron.

Giuseppe detto il terremoto, Chef della casata dei baroni.

Nel corso dei decenni la figura del Monzù divenne simbolica al punto di finire anche sul presepe, ancora oggi è tradizione vedere un oste col cappello a punta, nell’intento di spadellare davanti alla sua bottega.

L’avvento dei cuochi francesi a Napoli, non portò solo l’appellativo Monzù. I francesi portarono in dote decine di preparazioni, di per se già buonissime, ma, che elaborate dalla fantasia e dalla bravura dei cuochi partenopei, diedero vita e preparazioni ancor più fantasiose e videro la luce ricette dolci e salate che ancora oggi fanno della nostra cucina una delle più ricche del mondo.

Tanto per citarne una: il Babà.

Altre preparazioni subirono un evoluzione oltre che nella preparazione anche nei nomi;

il Gaetau divenne ò Gattò,il Ragout diventò o’Rraù, le Croquettes si chiamarono Crocchè.

Ancora oggi nella tradizione grastronomica del sud ci sono preparazioni dalla chiara origine d’oltralpe.Gli Choux,i Soufflés,i Timballi salati in crosta dolce.

Anche il modo di presentare le pietanze aiutò la nascita di nomi nuovi. Ad esempio i francesi amavano presentare le vivande sul buffet ad altezze sfalsate, ponendo nella posizione più alta, quella principale, che veniva definita; Sur Tout. In genere questa pietanza era uno sformato e di solito questo sformato era fatto di riso.

Dalla storpiatura del francese sur-tout è nato il nome di una preparazione napoletana famosissima, il Sartù, un timballo di riso che veniva insaporito con molti ingredienti poiché i cuochi dell’epoca ritenevano il riso privo di sapore nonostante fosse oggettivamente un prodotto da ricchi.

Ad un famoso Monsù si deve anche un intuizione geniale. La forchetta a 4 rembi. La ideò per permettere ai nobili di mangiare gli spaghetti senza macchiarsi, visto che il popolo, all’epoca, li mangiava con le mani.

I cuochi francesi hanno lasciato tracce anche nel lessico comune.

Ad esempio il barattolo di latta, in francese si scrive Boite, in napoletano si scrive Buatt, e anche se sono scritti in modo diverso, si pronunciano allo stesso modo Buatt.

Anche in Sicilia troviamo parole di chiara origine francese, come ad esempio Travagghiari, in francese Travailler, scritte in maniera diversa ma, pronunciate in maniera quasi identica e con lo stesso significato. Lavorare.

Fra le tante invasioni e dominazioni che le nostre terre hanno subito, possiamo dire che quella dei Monzù è stata sicuramente la più gustosa.

Chef Giorgio Ruggiu

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