Immigrazione: a Istanbul il convegno Migramed delle Caritas del Mediterraneo

“Si conclude il 4 ottobre a Istanbul il Migramed 2019, l’annuale incontro di Caritas Italiana con le Caritas europee e del bacino del Mediterraneo attive in processi di supporto, accoglienza e tutela in favore dei migranti”.
Ma per tornare a noi, qui e adesso:
Stamani in Ospedale per il solito controllo mensile ho sbraitato e ringhiato contro un signore di area PD, che obbiettava (insinuandosi sgarbatamente nella discussione) a favore della accoglienza indiscriminata “ma prima non esisteva la disoccupazione?”. Sento aria di disperazione considerando che rifiuta il principio di realtà, e aggiungo che si tratta di un atteggiamento molto generalizzato. Gli ho risposto che secondo la sua logica se un ferito avesse una emorragia gli si potrebbe aprire qualsiasi altra ferita a patto di non richiuderla. Vi pare assennato un tale sproposito?
Adesso penso invece, rosicchiando rosicchiando, che l’accoglienza non è affatto questione di numeri. Ho letto un articolo che informava di come la percezione degli immigrati è esagerata in Italia rispetto alla realtà, specificando che non saremmo affatto il paese UE col maggior numero di immigrati. Sì, ma se non consideriamo le differenze nel welfare state di ciascun paese non abbiamo concluso niente. Tengo per certo che se in Svezia discriminassero la popolazione residente a favore degli immigrati, si arriverebbe facilmente a una situazione esplosiva. Non so dare colpe alla destra, finché non delinque, ne hanno molte di più le sedicenti sinistre che creano queste situazioni e poi ti stigmatizzano col politicamente corretto. Penso che non si sarebbe mai dovuti arrivare alla UE senza uniformare lo stato sociale. Un cittadino italiano alla nascita non ha le stesse prerogative e possibilità di qualsiasi cittadino nordeuropeo, ho lavorato quarant’anni nei servizi e so che moltissime situazioni scabrose sono puntualmente rimosse.
Vi ricordo che i promotori dell’accoglienza hanno due pesi e due misure: ci sono coloro che ripetono come pappagalli gli slogan dei loro benefattori, poi i lavoratori dei centri di accoglienza, poi ancora quelli che definisco “gli sbarcati” e che vivono di espedienti, e infine i dannati delle campagne che vivono in schiavitù. Ci vadano loro a raccogliere pomodori per tre euro l’ora.
Infatti, non c’è verso di accettare la follia della integrazione a pregiudizio: la cittadinanza va concessa invece a chiunque riesca a concludere un percorso di integrazione, necessariamente lungo e faticoso.

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