Uccisione Soleimani: i pericoli della politica americana

Il segretario della Lega Matteo Salvini

Dopo la vittoria di Austerlitz, Napoleone commentò che un generale scadente può essere più incisivo di due generali bravi (rivolgendosi a sé stesso e a Kutuzov contro Weyrother).
Non sono d’accordo con le dichiarazioni di Salvini che elogia Trump come mandante dell’omicidio Soleimani, un atto chiaramente terroristico e avventato.
«Donne e uomini liberi, alla faccia dei silenzi dei pavidi dell’Italia e dell’Unione Europea, devono ringraziare Trump e la democrazia americana per aver eliminato uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell’Occidente, di Israele, dei diritti e delle libertà». Così il segretario della Lega Matteo Salvini commenta il raid americano in Iraq in cui ha perso la vita il generale iraniano Qassem Soleimani.
Ma l’essere pericoloso e spietato è la virtù di qualsiasi capo militare, e in più Soleimani possedeva un equilibrio e una maturità di giudizio rarissimi in un uomo di azione. Non era affatto un fanatico e combatteva razionalmente, si sapeva frenare. Perciò contesto il virgolettato che IL MESSAGGERO riferisce a Salvini, parole non all’altezza di un leader politico che si trova militarmente a giocare una partita difficile con alleati troppo più forti di lui. Mentre il governo giallorosso completa il suo sfacelo quel fronte traballa e destabilizza tutta la nostra politica estera.
La cosa più dura e meno auspicabile sarebbe che Soleimani fosse rimpianto proprio dai suoi nemici.

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