Vince il partito del Brexit: la nostra opinione in tre righe

Il nostro commento: La visione bipolare del mondo è a dir poco sorpassata. Forse un buon nemico è assai più conveniente di un amico maldestro: la polarizzazione in un teatro che è una polveriera servirebbe soltanto a mettere la pace a repentaglio.

Diego Fusaro: “Che abbia vinto il partito del Brexit è un bene, dacché è condizione di recupero della sovranità nazionale come base per risocializzare l’economia e splendido esempio per tutti i popoli d’Europa, nonché prova del fatto che la UE non è irreversibile.
Il Brexit, sia pure attuato da un liberista come Johnson, è un bene. Lo Stato sovrano nazionale può essere democratico e socialista: l’economia globalizzata e senza sovranità nazionali non potrà mai esserlo. Per questo, la lotta di classe in Europa è oggi anzitutto lotta contro l’Unione Europea.
La fine della UE è condizione necessaria, sia pure non sufficiente, per tornare a una possibile politica democratica e socialista, dove cioè lo Stato governi il mercato in nome della comunità e dei suoi obiettivi interessi. L’idea delle sinistre fucsia di una global democracy senza sovranità nazionali è un puro non sequitur degno della più utopica delle anime belle: come può esservi il socialismo democratico, se manca la sua condizione di attuazione, ossia la possibilità per lo Stato di intervenire nell’economia? Il liberismo cosmopolitico mira esattamente a quello: a desovranizzare l’economia, per impedire interventi politici e per garantire la lex neocannibalica del più forte”.

Marcello Veneziani: “Gli inglesi sono isolani, d’accordo, ma non capite che i popoli vivono male la perdita dei confini e della sovranità imposta dall’imperativo global-progressista? Non capite che la realtà dista anni luce dalla rappresentazione che ne danno media, poteri e istituzioni?”

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