Abruzzo: terra di grandi capolavori del cinema.

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di Franco Pasquale

Signorinella, anno 1949; Il ritorno di Don Camillo, con gli indimenticabili Gino Cervi e Fernandel; La Strada, uno dei capolavori di Federico Fellini con la interpretazione magistarale di Antony Queen e Giulietta Masina, che vinse l’Oscar per il miglior film straniero nella sua 29esima edizione, La Bibbia di John Huston; Lo chiamavano Trinità e Continuavano a chiamarlo Trinità (chi non ricorda le gesta della imbattibile coppia Bud Spencer e Terence Hill?); Il deserto dei Tartari, di Zurlini, tratto dall’omonino romanzo di Dino Buzzati; Fontamara, tratto dal primo romanzo di Ignazio Silone, da cui Carlo Lizzani trasse sia il film del 1981, sia la celebre serie televisiva andata in onda nel febbraio del 1983; Bianco Rosso e Verdone, il secondo successo cinematografico di Carlo Verdone che ne fu autore e regista, ( con colonna sonora scritta e diretta dal maestro Ennio Moricone) , Amici miei atto II, di Mario Monicelli, il secondo film della fortunata trilogia che racconta le gesta di cinque goliardici amici fiorentini che lottano contro vicissitudini quotidiane dando vita a spassosissime e “zingarate”; Sciopen e Via Paradiso di Luciano Odorisio, (nel 1983 Sciopen vinse l’ambito David di Donatello); La Messa è finita di Nanni Moretti; Ladyhawke interpretato da una giovanissima ed incantevole Michelle Pfeiffer; Il nome della Rosa, diretto da Jean-Jacques Annaud, con Sean Connery nei panni di Guglielmo da Barkerville, pellicola che, con il consenso dell’autore, si discosta per aspetti anche salienti dal romanzo di Umberto Eco; Parenti Serpenti di Mario Monicelli; Magnificat di Pupi Avati; Una pura formalità di Tornatore, con di Gerard Depardieu e Roman Polański che in questo film compare solo come attore; Il viaggio della Sposa, di e con Sergio Rubini e una straordinaria Giovanna Mezzogiorno; Così è la vita (Aldo, Giovanni e Giacomo); Pane e Tulipani con Lucia Maglietta, vincitore di ben nove David di Donatello; Draquila della Guzzanti, The american con George Cloney; nonché i più recenti: Ti ricordi di me? , con Ambra Angiolini e Scusate se esito con Paola Cortellesi.

Che cosa hanno in comune fra loro tutti questi film?

Così diversi per genere, trama, epoca storica, contenuti, prospettive ed intenzioni sembrerebbe che nulla, davvero possa in alcun modo accomunarli.

E invece non è così.

Quello che li colloca insieme in questo elenco è una sola cosa: la location.

Perchè ognuno di essi, in tutto o in parte, è ambientato in Abruzzo.

E tanti altri ancora sono i registi che hanno scelto i paesaggi abruzzesi per girare i loro film.

Quale posto migliore dell’altopiano di Campo Imperatore, a circa 1800 metri sul livello del mare, ai piedi del Gran Sasso, per girare scene credibili per riprodurre il vecchio Far West dove Trinità e il suo poderoso fratello danno vita a singolari parodie del genere in voga negli anni ‘70 denominato “spaghetti western” ?

E dove girare La Bibbia se non alle pendici del Velino?

E perché La Strada non avrebbe dovuto trovare ambientazione a Ovindoli e Rocca di Mezzo?

E ancora quale miglior paesaggio se non di nuovo Campo Imperatore per Il deserto dei Tartari? O anche per qualche avventura in Amici miei?

O la autostrada A24 L’Aquila – Roma per il viaggio di Verdone che si reca a votare?

O Pescina, città natale di Silone, per girare Fontamara?

Poi come non scegliere Chieti, città natale del regista, per girare Sciopen o Via Paradiso, una via che tra l’altro a Chieti esiste davvero?

E perché mai Nanni Moretti non avrebbe dovuto dar spazio anche a Villetta Barrea, con il suo lago incontaminato nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo?

Ma lo scettro della partecipazione come location di film internazionali girati in Abruzzo spetta certamente a Rocca Calascio e Castel del Monte, perfette per le necessità sceniche di film che raccontano storie medievali (Ladyhawke) . Ed è per questa stessa ragione che il castello di Rocca Calascio compare nelle scene di apertura e chiusura de Il Nome della Rosa. Ma anche Tornatore lo sceglie per ambientarvi il surreale interrogatorio fra Onoff e il commissario che avviene in Una pura formalità di Tornatore, in una notte cupa e di tempesta.

Ma non possiamo far torto alla Abbazia di San Liberatore a Maiella, che appare in Magnificat, o ai tanti paesaggi d’Abruzzo che vengono attraversati da Porzia e Bartolo nel loro avventuroso viaggio da Atri, in provincia di Teramo, fin nelle Puglie, dove la donna dovrà andare sposa al Conte di Conversano.

E che dire di Sulmona, dove Monicelli, decide di girare Parenti Serpenti e fra le comparse sceglie anche la senatrice Paola Pelino, della omonima fabbrica di confetti celebri in tutto il mondo?

O della stessa Pescara, dove vive Rosalba, la casalinga che, dimenticata in autogrill, finisce poi per cercare rifugio a Venezia, in Pane e Tulipani?

Un lungo elenco, dunque, che avrebbe potuto essere ancora più completo e dettagliato, perché i film citati finora sono quelli più noti. Ma la lista avrebbe potuto continuare.

Tutto quanto scritto finora, però, non può limitarsi ad essere una celebrazione di ciò che è stato.

E’ piuttosto un invito a tutti coloro i quali si occupano di cinematografia e di turismo e far sì che in Abruzzo si possa organizzare davvero, concretamente, al più presto, anche sull’esempio di quanto è stato fatto con successo in altre regioni, una struttura permanente capace di accogliere e richiamare su questo territorio così variegato (per recarsi dal mare alle vette più alte dell’Appeninno basta meno di un’ora di auto) produttori e registi, fornendo loro, in loco, tutti gli strumenti e la convenzienza per venire a raccontare le loro storie.

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