“ FARE TUTTO CIÒ CHE E’ POSSIBILE”

Lucio Caracciolo nel suo articolo “chi bussa alla nostra porta”nella rivista Limes sostiene che il “problema” migranti è capace di mettere a nudo l’Europa per quello che è, priva di fratellanza e in decadenza, arrivando a distruggere  l’idea di un’ Europa unita “ le migrazioni in corso marcano la fine dell’idea di Europa, della fine della coscienza di essere europei.” 

Questo nasce dal fatto che nessuno vuole farsi carico del migrante considerandolo come un peso, un estraneo privo di valore togliendogli la caratteristica di essere umano.

 Tutti noi il 27 Gennaio per la giornata della memoria ci uniamo per commemorare il genocidio degli ebrei, ma questo ricordo non alimentato da una presa di coscienza rimane fine a sè stesso, perché si sentono storie strappalacrime, si assiste a immagini e interviste ma non se ne fa una “memoria” attiva.

Se prendessimo coscienza e la storia diventasse “maestra di vita” non lasceremmo le vite dei migranti abbandonate in moderni lager, mascherati da campi profughi in Bosnia, proprio alle porte dell’Europa, non lasceremmo che le vite di questi uomini vengano ridotte a qualcosa di estraneo con cui fare politica. Dovremmo agire facendo quello che possiamo, prima di ogni cosa in quanto uomini , poi in quanto cittadini Europei possiamo esercitare il nostro potere attraverso il voto, favorendo chi si mette in gioco per affrontare il problema. Possiamo prendere ispirazione dall’insegnamento dei ragazzi della “rosa bianca” che durante il regime nazista hanno scelto di dire no e di opporsi senza violenza agli orrori pubblicando, in maniera anonima, piccoli testi d’ispirazione, chiedendo al lettore di condividere il più possibile affinchè sempre più persone agissero, hanno fatto “ quello che potevano” e in quel contesto era già moltissimo.

 Noi abbiamo avuto la testimonianza ispiratrice di Marif, un migrante guineano che ha scelto di raccontare la sua storia per sensibilizzarci. Marif fa parte del centro Astalli un’organizzazione nata 35 anni fa con lo scopo di aiutare i migranti, dando loro una base d’appoggio e soprattutto aiutandoli a integrarsi nella società perché solo con l’integrazione si possono abbattere tutti i muri. Questo nostro incontro è stato molto significativo perché lui presentandosi come un libro aperto ha fatto crollare la maschera del migrante “sconosciuto e pericoloso”. Marif ci ha raccontato come questo suo viaggio, o meglio questa sua odissea, sia stata causata da un’esigenza primaria e non da scelta libera, perché il suo paese in crisi politica ed economica non garantiva nessuna libertà e molti venivano uccisi ; questo suo viaggio ricco di sofferenze è stato intrapreso all’età di quattordici anni, un’età in cui per noi il più grande problema può essere una litigata mentre per ragazzi come lui  è trovare qualcosa da mangiare e dopo sopravvivere.

Mi viene in mente la poesia di Primo Levi “ se questo è un uomo” scritta nel 1947 è valida tuttora. 

“Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un sì o per un no” questa è solo una parte della poesia, ma  basta per mettere in luce la  noncuranza di allora e di ora per quello che succede intorno a noi; questa messa a nudo ci fa comprendere come noi diamo per scontato il mondo in cui siamo nati ma dobbiamo risvegliarci , non tralasciare chi intorno a noi è meno fortunato, liberarci da un atteggiamento di estraneità e abbracciare la fratellanza universale. 

Così come ci sprona a fare papa Francesco  nell’ enciclica “fratelli tutti” ,ma se questo è relegato solo nel momento delle commemorazioni diventa sterile, è necessario agire e trasformare la memoria in stimolo attivo e fare “ tutto ciò che è possibile”.

Gianvincenzo Borzì  classe Vh

IIS Marconi-Mangano CT

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