GRAZIELLA MILAZZO RACCONTA LA FONDAZIONE DI BIANCAVILLA

Figuranti

Nell’anno 1482 alcuni gruppi di albanesi, perseguitati dall’Esercito Turco (impero Ottomano), fuggirono verso la vicina Italia, qui divisi in gruppi verso destinazioni diverse, ottennero il permesso da Ferdinando II, Borbone Re delle due Sicilie, di rifugiarsi nell’Italia Meridionale, le loro mete furono la Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata. In Sicilia trovarono spazio in molte province, nel palermitano in particolare, oggi Piana degli Albanesi, capo fila.  Nel tempo quel piccolo spazio loro concesso oggi sono diventate cittadine di provincia.

L’omonima Associazione culturale presieduta dalla Prof. Graziella Milazzo, ispiratrice del progetto, in data odierna 3 ottobre 2021, col patrocinio e l’assistenza dell’Amministrazione comunale di Biancavilla, stimolata dal Sindaco Antonio Bonanno, ha organizzato a Biancavilla la terza rievocazione storica e leggenda, della fondazione di Biancavilla col titolo, “Arbereshe”, avvenuta alla fine del 1400 per opera di un gruppo di esuli albanesi. 

Presidente e speaker Graziella Milazzo

La manifestazione è stata un successone, spettacolare dal punto di vista di immagine molto partecipata che ha visto decine di figuranti sfilare in abiti d’epoca con l’icona della Madonna SS. dell’Elemosina, Cesare Masi, l’eroico conduttiero della comitiva interpretato dall’attore Turi Scandurra in carrozza d’epoca trainata da cavallo bianco ben addestrato in una cornice di musicisti e sbandieratori dell’Istituto E. De Amicis di Randazzo guidato dal Prof. Marcello Diolosa.

Turi Scandurra

In finale una esibizione dell’attore e atleta Turi Scandurra che ha impreziosito la folla partecipante in piazza Roma avanti la cattedrale con vari esercizi di spada e oggetti in fiamme rotanti tramite lacci, spesso applaudito dal pubblico col fiato sospeso.

La fondazione dell’abitato di Biancavilla risale al XV secolo, quando un gruppo di profughi arbëreshë provenienti dai Balcani (dall’Albania e successivamente dalla Morea), guidati da un abile personaggio, Cesare Masi, ottennero il permesso di abitare nel sito, dal conte Gian Tommaso Moncada, il quale chiese e ottenne la “licentia populandi” dai presidenti del Regno di Sicilia Santapau e Centelles. Detto privilegio venne confermato nel 1501 dal conte Guglielmo Moncada e nel 1502 dal figlio Antonio. Successivamente, nel 1504 i tre privilegi furono redatti in forma pubblica con un nuovo atto, firmato dal giudice Ferdinando Marchisio e dal notaio Luigi Passitano mentre è datata 1568, la conferma di Don Cesare, figlio di Don Francesco, primo principe di Paternò.

Stemma Biancavilla – Albania

La storia racconta che la colonia fu insediata nella zona allora chiamata Callicari o Poggio Rosso, luogo probabilmente dell’antica Inessa. Gli albanesi, professanti il rito “greco”, portarono con sé l’icona della Madre di Dio dell’Elemosina, tuttora oggetto di speciale e ininterrotta devozione ed il tempo di riposarsi la attaccarono in un albero di fico. Durante la notte il quadro si è aggrovigliato con i rami del fico che non è stato facile disbrigarlo. L’evento fu tradotto come una precisa volontà divina che quello era il luogo adatto alla fondazione dell’abitato.

Masi

In pochi anni la colonia albanese crebbe, grazie alle condizioni di privilegio concesse dai feudatari Moncada, Principe di Paternò. Non si conosce molto sull’attività civile e religiosa della colonia, scrive la prof. Milazzo, poiché gli albanesi non lasciarono nessuno scritto, tranne che si esercitò il rito greco per quasi un secolo e che quando non esistette più un sacerdote per officiare il rito, veniva un “papàs” tutti gli anni delle colonie albanesi della provincia di Palermo per amministrare la Pasqua ai fedeli secondo i propri riti. LA CROCE GRECA all’interno dello stemma di Biancavilla riafferma l’appartenenza dei fondatori albanesi alla fede cristiana greco-cattolica di rito bizantino.

“E’ stato un corri – corri, tutto preparato in una settimana, racconta la Prof, Graziella Milazzo, ideatrice dell’evento culturale, quando le cose riescono bene la stanchezza passa subito. I cortei in costume storico, le ricostruzioni di ambienti volte alla rievocazione del passato di una comunità, sono forme culturali preparate con cura che riflettono la volontà di recuperare le radici della propria identità, ma soprattutto la volontà di svolgere pratiche collettive che coinvolgano in prima persona sindaco e amministratori per la stesura degli atti propositivi, forze dell’ordine ed autorità religiose che ringrazio tutti, figuranti e cittadini coinvolti alla sorveglianza che tutto vada bene in particolare il Sig. Pietro Finocchiaro assiduo collaboratore, ed altri”.

Carmelo Santangelo

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