Lo Zafferano
Il Croco,o (Crocus Sativus) non è solo un bellissimo fiore.
Dalla sua lavorazione se ne ricava una polvere molto utile e pregiata, lo Zafferano vero.
L’uomo ne conosce , e ne apprezza, le proprietà fin dall’antichità.
Troviamo una prima menzione del fiore in un papiro egizio del XV sec. A.C.
Nei secoli, ne scrivono Plinio e Virgilio.
Nella Bibbia, c’è scritto che lo Zafferano era una delle piante più pregiate del giardino del Cantico dei Cantici.
Nel palazzo di Cnosso c’è la raffigurazione di una donna intenta a raccogliere un fiore di Croco.
Ovidio ne racconta addirittura una fiaba, in cui i protagonisti, il giovane Croco e la ninfa Smilace, vengono trasformati in fiori dal Dio Ermes, geloso della ragazza e delle attenzione che ella dedicava al ragazzo.
Un’altra versione, narra che Mercurio trafisse per errore l’amico Croco e che per ricordarlo tinse di rosso sangue i pistilli del fiore.
Fiore che poi prese il nome di Croco.
Le storie che accompagnano lo Zafferano sono tante.
Si narra che Isocrate lo usasse per profumare i cuscini.
I Sidoni lo utilizzavano per colorare di giallo i veli delle spose.
Nel Iliade, lo Zafferano fa da giaciglio a Zeus.
Gli Antichi Romani, li usavano per coprire le strade al passaggio dell’imperatore.
La popolarità dello Zafferano è legata a doppio filo alla storia dell’impero romano.
Gli antichi romani ne facevano un largo uso pertanto, la produzione del bulbo aumentò in concomitanza con l’avvento dell’impero e crollò insieme allo stesso.
La diffusione dello Zafferano, partita dall’Asia, è arrivata in Africa dove si è sviluppato un grande commercio.
In Europa è giunto attraverso la Grecia dall’Asia ed in Spagna dall’Africa.
L’etimologia del nome Zafferano deriva dal persiano Zaafran.
Altre teorie lo fanno risalire all’arabo Al-Zafaran, termine ancora usato in Spagna.
Nella penisola iberica, lo Zafferano è tutt’ora molto apprezzato, fra le altre cose è uno degli ingredienti indispensabili della Paella, piatto spagnolo per eccellenza.
La sua coltura in Italia parte da L’Aquila. Qui, nel XIII sec. d.C. Un frate Domenicano, della famiglia Santucci di Novelli.
Il Santucci studiò il sistema per poter coltivare il fiore.
Si narra che il frate, durante l’inquisizione, riuscì a trafugare dalla Spagna, rischiando la galera, una quantità di bulbi che gli permise di sperimentare, con successo, i suoi studi sul croco.
Iniziò cosi la storia dello Zafferano de L’Aquila.
I notabili dell’epoca, stimarono che ogni anno ne commerciavano oltre 20,000 libbre corrispondenti a oltre 9 Tonnellate.
Nel tardo ottocento, nel comprensorio aquilano, c’erano oltre 500 ettari coltivati a Zafferano.
Oggi, lo Zafferano prodotto a L’Aquila, per molti, è il miglior Zafferano del mondo.
Con l’abbandono delle campagne nell’era dell’industrializzazione, la produzione aquilana è calata moltissimo, arrivando a cedere lo scettro di maggior produttore nazionale.
Oltre allo Zafferano aquilano, in Italia ci sono altre varietà eccellenti.
In Sardegna si produce zafferano fin dai tempi dei Romani.
I sardi avevano conosciuto, apprezzato ed imparato a coltivare i bulbi di croco. Il clima dell’isola ha fatto si che la cultivar prodotta, presenta caratteristiche uniche ed una qualità elevata.
Lo Zafferano Sardo è ritenuto il migliore per quanto riguarda il potere colorante.
Il sapore è deciso e al contempo conserva le note delicate tipiche di questa spezia.
Inoltre, grazie agli oltre 40 ettari di terra dedicata, produce il 60% dell’intera produzione nazionale.
In Sicilia esiste una cittadina che si chiama Zafferana Etnea, il cui nome sembra derivi dalla coltivazione del Croco, presente in loco fin dall’antichità.
L’uso in Cucina è successivo all’impiego nelle altre arti.
Da principio, si usava aggiungerlo alle pietanze per sottolinearne la ricchezza, dato l’alto costo dello Zafferano, in seguito è stato apprezzato anche il sapore delicato.
L’uomo ha apprezzato prima le altre proprietà del bulbo,come quelle coloranti, quelle mediche, quelle cosmetiche.
Quando si pensa all’impiego dello Zafferano in cucina, non si può non associarlo al riso.
Questa pietanza è stata sublimata dal grande maestro Gualtiero Marchesi con il suo Risotto alla Zafferano con foglia d’oro.
Piatto più famoso del grande Chef.
Il risotto allo Zafferano, meglio conosciuto come Risotto alla milanese, è il piatto più noto, e, come spesso accade alle pietanze cosi popolari, è accompagnato da una leggenda sulla sua nascita.
La leggenda narra che durante la costruzione del Duomo di Milano, un mastro vetraio belga, avesse portato con se un collaboratore, e che questi usava aggiungere lo zafferano a tutti gli impasti di colore che preparava, al punto che lo soprannominarono Zafferano.
Il maestro canzonava spesso l’allievo per questa sua prerogativa, una volta arrivò addirittura a dirgli che un giorno, il ragazzo avrebbe messo lo zafferano perfino nel riso.
Prendendo spunto da questo, il giorno delle nozze della figlia del maestro, l’allievo, in accordo con il cuoco, mise lo zafferano nel riso ma, per loro stupore, l’effetto fu tutt’altro che sgradito.
Gli ospiti lo mangiarono con delizia, era cosi nato il risotto allo zafferano.
Lo Zafferano costa.
Questa è un’affermazione che anche se supportata dai prezzi, oltre 12,000 euro al chilogrammo per i bulbi, non tiene conto della difficoltà nel produrlo.
Basti pensare che per ottenere un chilogrammo di zafferano occorrono oltre 200,000 mila fiori e 500 ore di lavoro.
Fra le altre cose, la raccolta dei fiori, deve essere effettuata a mano e all’alba, quando i pistilli si tendono verso il sole nascente, rendendo cosi più semplice ed efficace la successiva lavorazione.
A livello mondiale, lo Zafferano più rinomato è quello del Kashmir, dal colore rosso granato tra i più scuri al mondo.
Per quanto riguarda la produzione mondiale, il primato indiscusso è iraniano, anche se di qualità inferiore rispetto a quello prodotto in Italia.
Dato il suo alto valore, lo Zafferano, subisce varie adulterazioni, la più comune è quella di allungarlo con curcuma o paprika.
Queste truffe sono talmente radicate nel tempo che, nei secoli scorsi, in Europa, chi veniva sorpreso ad adulterare lo Zafferano, veniva giustiziato secondo il codice di Safranschou.
In natura esiste un fiore molto simile al croco.
Si chiama Colchico ma, non è commestibile.
Anzi il consumo di questo fiore può portare a conseguenze gravi, perfino al decesso.
Fortunatamente anche se molto simili, i due fiori si distinguono facilmente.
La differenza principale sta nel numero di stami.
Il fiore di Zafferano vero ne ha 3 mentre quello del Colchito ne ha 6.
Un’altra differenza è rappresentata dal periodo di fioritura.
Quello vero fiorisce in autunno, quello finto in tarda estate.
Le proprietà terapeutiche dello Zafferano sono molteplici, aiuta a curare l’insonnia, previene la formazione di macchie e rughe, aiuta a ridurre i trigliceridi ed il colesterolo, riduce la pressione sanguigna, ha proprietà antinfiammatorie, analgesiche, aiuta a prevenire l’artrite e la gotta.
Giorgio Ruggiu.