A Catania, al FAB, un interessante evento a puntate, lo spettacolo “a muso duro”.
Giorno 20, presso il Fab a Catania, si è tenuto il secondo episodio di un format in divenire, divertente nella logica e nella sostanza. Mi riferisco all’evento “a muso duro”, in cui artisti di varia natura si sono cimentati dando libero sfogo alla propria capacità espressiva, fra potenziali copioni e libere esternazioni, al confine fra costruzione ed improvvisazione.
Un cocktail divertente che ha coinvolto il pubblico, anche se, in alcuni casi, persino non informato su quanto stesse accadendo. Una festeggiata dell’ultima ora, suo malgrado resa protagonista, ne è stata dimostrazione.
A condurre la serata, Daniele Chiaramida, figlio d’arte e multiforme talento.
Si sono susseguiti sul palco Flavio Favilla con i suoi racconti di viaggio, il poeta Santi Fisichella accompagnato dalla violinista Alice Cardella, il poeta custode, ovvero Davide Aricò, il cantautore Alessandro Mascali ed abbiamo avuto modo di conoscere opinioni e racconti dell’attore, noto a livello internazionale, Adriano Chiaramida, intervistato da Roberta Finocchiaro. Dulcis in fundo sulle note di una canzone, a tratti stravolta dagli stessi accadimenti ed eseguita da Daniele Chiaramida, il maestro Papotto ha dipinto un quadro estemporaneo. Protagonista della sua pittura, la musica naturalmente.
Un evento che si contraddistingue per apertura e fluidità, il palco diventa mezzo e non fine ed è a disposizione di tutti coloro che abbiano o sentano di avere qualcosa da dire. Un’agorà che fa della libertà di espressione e del talento un interessante punto di inizio e non di approdo.
Abbiamo intervistato Daniele, partendo dal titolo stesso dell’evento, titolo suggerito e promosso dal maestro Nunzio Papotto, trascinatore ed artista che ha impresso il suo carattere vulcanico all’intera serata.
Ci siamo chiesti se la protesta che la canzone racconta, quella protesta che contesta le logiche di mercato, fosse in parte il motivo della scelta per questo titolo, se fosse realmente possibile un’arte non contaminata da logiche commerciali.
Daniele ha voluto sottolineare l’imprinting creativo del maestro, il titolo della canzone doveva fungere da monito per tutti gli artisti, quelli che, come recita il testo, cantano le loro canzoni per strada, quelli duri e puri. La purezza di un artista, per Daniele però, non viene necessariamente contaminata dal mercato, piuttosto per lui arte e mercato si alimentano ed il fatto di appoggiarsi a quello che, di fatto, è un ristorante, ne è anche riprova. Lui non si sente un artista duro e puro, ha scelto anche di fare altro e fare l’educatore, a quanto pare, gli piace parecchio.
Bombardati ed abituati a spettacoli che abusano della parola talento, i talenti che si raccontano sul palco non richiamano esperienze televisive note ai più, non esiste giuria e non si vince nulla. L’aspirazione non è quei cinque minuti di gloria che Andy Wharol riconduceva all’allora vecchio tubo catodico, piuttosto si tratta di esprimere emozioni che possano divertire, far riflettere, in un clima solidale che vede tutti convergere verso lo stesso obiettivo, in un gioco simultaneo di mosse studiate e di mosse improvvisate.
Ci si allontana dal meccanismo che fagocita l’animo di chi deve apparire per emergere, i narcisisti patologici pare non siano ben accetti.
Daniele a questo tiene in particolar modo perché, quando ti relazioni con gli altri, se non capisci che è una stupidaggine essere narcisista non crei nulla di interessante. Come dargli torto?
Il pubblico, il consenso è plausibilmente parte integrante del processo creativo, ma è un’esperienza che ciascuno metabolizza a proprio modo. Resta certezza assoluta che entrare in relazione con l’altro da sé è, sempre ed a ogni modo, indispensabile.
Secondo Daniele, avendo anche studiato cinema e televisione, gli studiosi di media attuali, al netto di tutte le correnti diverse, affermano che oggi il pubblico è parte del processo di circolazione del prodotto e dunque può influenzare il prodotto stesso, fino alla sua stessa produzione. Le serie tv probabilmente sono il riflesso di questo meccanismo.
Daniele ha condotto in maniera eclettica, cantando, suonando e coinvolgendo il pubblico con un quiz divertente: per molti versi, ha rappresentato una figura in bilico fra l’essere artista e l’essere un comunicatore.
Oggi distinguere nettamente le due dimensioni diventa davvero un’operazione difficile. Lo diventa anche per chi ad una domanda del genere doveva rispondere, perché anche un artista a tutto tondo veicola un messaggio ed anche l’arte può essere vissuta come una forma di comunicazione. Subliminale, astratta o concreta e diretta. Ai posteri la scelta di campo più opportuna.
Il padre di Daniele, l’attore Adriano Chiaramida, parlando del talento di un attore, ha tenuto a sottolineare la differenza fra chi racconta un personaggio e chi lo interpreta, trasmutando in realtà il gioco delle parti che compete al mestiere dell’attore.Per Daniele il talento è saper fare in modo che ti sembri facile, con piacere, senza paura, qualcosa.
Daniele è figlio d’arte ed è stato influenzato dall’humus culturale che respirava in famiglia ma, nonostante questo, il suo talento lo dedica anche ad altro, la scuola per lui è importante; ci vuole talento anche per fare l’educatore. Questo, tra le righe, è anche uno dei messaggi del format. Esprimere il proprio talento, può avere mille manifestazioni differenti.
Soddisfatto di questa seconda esperienza, ma ancora di più della voglia che conserva di migliorare, è lui a dirci che, quando fa qualcosa e i giorni successivi non gli vengono idee per svilupparla e migliorarla, evidentemente non è soddisfatto a sufficienza. Pare così non sia stato.
Per Daniele, il coinvolgimento del pubblico è uno tra i fattori di successo principali ed aspira ad una partecipazione sempre più sentita; sui contenuti del 3 gennaio, è stato vago e la nostra curiosità è notevolmente cresciuta, per cui non ci resta che aspettare di essere tutti al Fab il 3 gennaio e di scoprire cosa nasconde questo terzo episodio. Dicono gli inglesi stay tuned.