Don Mario, e il cous cous dolce del Santo Spirito di Agrigento
Don Mario, si è ritrovato in passato, a varcare spesso l’ingresso del convento di Santo Spirito di Agrigento, la sua città, e ogni volta che questo è accaduto, ha provato immancabilmente la stessa grande emozione.
Ad accogliere lo chef Don Mario Consentino, come d’abitudine, è sempre stata lei, Suor Gabriella.
Lo chef esordiva sempre dicendo: cara sorella “A Batia ranni è un luogo magicu”, così la chiamano gli agrigentini come lui la chiesa di Santo Spirito di Agrigento, a Batia ranni, un monastero religioso dell’Ordine Cistercense che pulsa, ora come allora, nel cuore del meraviglioso centro torico di questa antica città araba.
Gli ordini monastici siciliani, in special modo quelli femminili, in tempi passati si sono ritrovati in città a gestire considerevoli risorse economiche, pertanto i beni profusi dalle famiglie nobiliari, servivano non solo a garantire un tenore di vita e una sistemazione adeguata al rango di appartenenza delle giovani novizie, ma ad incrementare il prestigio dei conventi stessi e a integrare sempre più la rendita monastica.
Alla preghiera, qui, si affiancava sempre l’operosità delle sue monache, che grazie ai segreti di tante straordinarie ricette, producevano e vendevano dolciumi di eccellenza, naturalmente seguendo il calendario liturgico.
A Batia ranni, era risaputo in tutta Girgenti, lo zucchero, le mandorle e la creatività delle suore non potevano mai mancare. In tempi passati, racconta Suor Gabriella, le suore erano una trentina, oggi, caro Don Mario, rimaniamo solo in sette, cinque anziane, e due sole giovani, ma le assicuro che le mani operose delle mie consorelle, malgrado l’età, rimangono straordinarie come sempre. Don Mario, scommetto che siete venuto per il Cous cous dolce? Don Mario accenna un sorriso e risponde: Suor Gabriella, leggete sempre nel pensiero, del resto dove potrei trovare il cous cous dolce se non qui!
La grande tradizione pasticcera conventuale siciliana vuole che questo sia il luogo sacro dove si prepara e celebra una delle eccellenze del patrimonio della pasticceria siciliana, il cous cous dolce.
La Sicilia, caro chef, come lei ben sa, è sempre stata crocevia di popoli, un’isola nel bel mezzo del Mediterraneo, e qui ad Agrigento, ringraziando Dio, contaminazioni culturali, nei secoli, non ne sono mancate. Suor Gabrille, dice lo chef, per tre secoli quest’isola è stata araba, e gli arabi come è risaputo ad incocciare la semola sono sempre stati maestri. Suor Gabriella gli risponde a tono, ma ringraziando il Signore, caro Chef, il destino ha voluto che anche in questo convento, tra queste mura di tufo giallo, si iniziasse ad incocciare il cous cous.
I vostri dolci, cara Suor Gabriella, sono sempre stati un misto di meraviglia e squisita ricercatezza, e anche se all’inizio sono nati dall’esigenza di tributare a dovere ringraziamenti per opere e servizi da voi ricevuti, ora come allora rappresentano per entrambi un ponte di socialità, una rara opportunità, che ci permette di volta in volta di andare oltre le inferriate.
Il vostro Cous cous, permettetemi di dire, cara Sorella, qui diventa arte e opportunità, riesce a rapire i sensi e la fantasia con le vostre meravigliose decorazioni artistiche fatte di zucchero, gocce di cioccolato, pasta reale (marzapane) e frutta candita, e a completare l’opera, se non dovesse bastare, non può mai mancare il bianco candido dello zucchero a velo.
CUSCUS DUCI- un vero trionfo di gola
Qui in convento si usa ancora la semola di grano duro “incocciata”, frammista a lamelle di mandorle abbrustolite, scagliette di cioccolato, zucchero fine, e la granella di verde di fastuca (pistacchi), uvetta passolina (messa in ammollo con Passito di Pantelleria), e generosa cannella e chiodi di garofano.
Ma a svelare allo Chef Don Mario Consentino, gli arcani segreti di questo meraviglioso dolce siciliano non sarà solo Suor Gabriella, ci penserà il noto Gastrosofo Franco Di Guardo, dell’Ordine “Dinastici della Real Casa Savoia” autore del meraviglioso libro “I siciliani i dolci i Savoia”.
Franco Di Guardo è assai noto in Sicilia per la passione per l’arte, per l’antiquariato e la storia dell’isola. In alcuni archivi storici dell’isola, asserisce il Di Guardo, la ricetta storica del cous cous prevedeva l’utilizzo della farina di mandorla, che avrebbe sostituito la semola.
Don Mario stupefatto esclama: e come è possibile? Vede mio caro grande chef, deve sapere, che un tempo veniva utilizzato un ramoscello di origano che veniva di volta in volta intinto in acqua tiepida mista a miele e a spezie (cannella, chiodi di garofano, buccia di arancia).
Le goccioline di acqua e miele, e le abili mani delle suore, avrebbero incocciato di volta in volta la farina di mandorle. “Sbrizziannu, sbrizziannu” dice Don Mario, sarebbe nata l’incocciatura del cous cous . Un’opera d’arte dal cuore monastico che bisogna assolutamente preparare…
Kalos- Calogero Matina