L’arte come evento rivoluzionario, dall’Etna alla Cina.
Potremmo definire l’opera di Angelika Finocchio, il volto di donna fatto con la cenere dell’Etna, un’opera di street art, a tempo determinato per definizione, ma l’arte conserva sempre il germe della trasformazione, esorcizza il male e gli dà una dignità diversa.
E’ un’arte della trasformazione ed è un’arte, dunque, che regala dignità anche ai risvolti più cupi dell’esistenza. E’ un’arte che fa della rivoluzione il suo vessillo.
Dall’altra parte del mondo, l’artista cinese Ai weiwei e la sua rivoluzione pacifica contro un regime repressivo è un esempio simmetrico e allo stesso modo affascinante, di metamorfosi del reale; un modo peculiare che ha l’arte di non arrendersi alle contingenze e di sfruttare la propria forza per mediare messaggi che abbiano il sapore di veri e propri catastrofici cambiamenti.
Se il cinese Ai Weiwei, simbolizza l’evento drastico della rottura di vasi, espressione di una cultura millenaria, in un atto creativo e rivoluzionario, Angelika veste di meraviglia un evento naturale foriero di disagi.
Siamo alle pendici dell’Etna, la cenere sommerge e spaventa. L’attività della montagna sacra sembra non interrompersi e fra boati e lapilli, la popolazione locale deve fare i conti con un fiume nero che stravolge tutto, il respiro affannoso di una realtà con cui i catanesi convivono da sempre.
Si può decidere di soccombere e lamentarsi, oppure si può trasformare in opportunità questo evento catastrofico ed è quello che ha deciso di fare la nostra conterranea Angelika Finocchio.
Angelika ci racconta che la dedica dell’opera è per una sua cara amica che ha perso recentemente il marito.
Ha voluto rappresentare idealmente i momenti trascorsi con loro, un simbolo che ha trovato nell’arte una complice.
Il marito amava molto l’Etna ed Il giorno dopo la sua scomparsa, l’Etna ha iniziato con questi parossismi spettacolari ed è bello che ci sottolinei come “in molti abbiamo pensato inconsciamente fosse il suo modo per salutarlo”. Il periodo che stiamo vivendo porta con sé tanta sofferenza e la creatività di Angelika è esplosa dinanzi ad una distesa scura “come se stesse guardando una pagina nera”.
Angelika non poteva semplicemente spazzarla e così in mezz’ora circa ha realizzato un’opera che nella sua assoluta caducità, è un monito a non arrendersi e a tramutare il reale in un motivo di bellezza.
Angelika ci dice che sebbene ogni opera sia destinata prima o poi a degradarsi e sparire, i sentimenti da cui scaturiscono perdurano e la sua opera effimera ed intensa perdurerà nel ricordo e nella volontà forte di averla realizzata.
Ai weiwei guarda alla sua realtà, al contingente e prova a trasformarlo. I vasi si rompono e si ricreano, non esiste pars destruens che non abbia un corrispettivo nella sua pars costruens.
Un insegnamento questo che dovrebbe essere vissuto, specialmente in questo momento, soprattutto adesso che Covid e pandemia ci assillano, come un respiro di sollievo, un vero e proprio moto catartico.
L’approccio artistico in Ai weiwei si tinge di politica, ma esprime lo stesso identico concetto della creazione della nostra conterranea: l’arte con il suo fortissimo valore simbolico è capace di trasmutare il reale per acquarellare la vita di nuovi colori, sfumature dell’anima sempre diverse, verso una crescita che è spirituale, ma che diventa pragmatica per i suoi risvolti positivi.
L’arte non si piega e non deve piegarsi al reale, non soccombe dinanzi alle difficoltà, ma le trasforma in occasioni, in nuove prospettive, in nuovi modi di osservare il mondo ed è per questo che deve essere considerata o forse è più opportuno, visti i tempi, utilizzare il condizionale, come una necessità ineluttabile.