L’EMERGENZA COVID NON È SOLTANTO SANITARIA, MA ANCHE SOCIALE

Il Covid sta mettendo a dura prova l’economia nazionale tra Green Pass e No Vax, i due idealismi contrapposti. Lo shock supportato dalle famiglia dei lavoratori dello sport si fa sentire a larga scala, si tratta che è uno tra i settori più colpiti dagli effetti della pandemia in conseguenza dalle misure di blocco adottate per proteggere la salute. Lo rileva un’indagine di Sport e Salute (febbraio 2021), infatti la nota afferma che il 56% delle ASD/SSD (cioè Associazioni sportive dilettantistiche e Società sportive dilettantistiche) era chiuso e l’8% tra chi non aveva ancora riaperto avrebbe cessato la propria attività. Secondo le previsioni, quindi, la pandemia causerà per quasi la metà delle associazioni un taglio dei collaboratori pari al 20%..

Gli allarmismi riguardano soprattutto l’interruzione della gran parte delle attività sportive legate al mondo dilettantistico che ha fatto venire meno uno strumento di integrazione e inclusione sociale. Quanto detto è una riflessione dello scrivente e del Maestro Gianni Pane, responsabile Regionale ASI settore Karare, provvedimenti legislativi a catena a salvaguardia della vita, ma che non hanno tenuto conto della sofferenza delle comunità territoriali. L’emergenza quindi non è stata soltanto sanitaria, ma anche sociale. 

Lo stop lavorativo della maggior parte dei settori produttivi, tra cui palestre, piscine, palazzetti, stadi – anche se le parziali e recenti riaperture fanno ben sperare – hanno lasciato un vuoto che sarà stato colmato non per tutti dagli interventi dello Stato. L’emergenza sociale è nei fatti anche economica, dato che il mondo delle attività sportive non agonistiche vale comunque 10 miliardi l’anno: si legge in alcune pubblicazioni in autorevoli testate giornalistici come Avvenire, i diversi stop in questo anno e mezzo hanno messo seriamente a rischio il lavoro impoverendo le tante persone che ancora sperano l’occupazione nel settore.

PADRE PIGNATARO

Lo Stato non volti le spalle ad un settore produttivo, anche per se stesso. Nel nostro Paese ci sono circa 100mila Associazioni sportive dilettantistiche, di cui fanno parte 450mila collaboratori sportivi, per un totale di 12 milioni di tesserati. Il volume di attività si è ovviamente ridotto, così com’è diminuito il numero di praticanti. Le persone che regolarmente frequentavano strutture e impianti sportivi è diventato nella maggior parte dei casi, la metà. In molte organizzazioni si può parlare di vera e propria emorragia di iscritti.

 Questa vasta area produttiva costituisce, dunque, la spina dorsale dello sport italiano che è stato un vanto alle ultime competizioni mondiali. E in questi mesi difficili la struttura ha retto poco, riuscendo comunque, laddove possibile, ad applicare tutte le norme di sicurezza come da protocollo.

Gli italiani che praticano sport, secondo una statistica Istat (2018) sono oltre 20 milioni, e più di un quarto lo fa in maniera continuativa. A rivestire un ruolo fondamentale è l’associazionismo, soprattutto nella crescita dei giovani, nel processo di aggregazione, nell’educazione e nella formazione psico-fisico. I conclusione possiamo affermare che lo sport non è solamente agonismo, ma una pratica essenziale per mantenere una società in salute e per diminuire le differenze sociali

Carmelo Santangelo

5° Dan di Karate, Ambasciatore dei diritti umani

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