Pandemia e salute: Il Covid19, una sfida per recuperare umanità
di Marilena Sperlinga
I numeri incalzano. La pandemia è la spada di Damocle che pende sulle nostre teste, rinvigorendo paure ataviche ed allontanando l’umanità del contatto umano.
La paura è la nostra compagna, ma anche un’autodifesa. Lo spirito di sopravvivenza assume le forme più impensabili. Durante questo periodo così surreale abbiamo visto gli equilibri più fragili rompersi, frantumarsi ed abbiamo assistito ad un aumento dei TSO.
Questa Estate il governatore del Veneto Zaia proponeva il TSO per coloro che si rifiutavano, scopertosi positivi, di andare in quarantena, ma l’uso strumentale del TSO c’entra poco con il disagio reale di chi vive la realtà in maniera spesso amplificata, alcune volte distorta e soprattutto c’entra poco con la sofferenza reale che sta dietro ad un disagio mentale conclamato e che, di solito, investe interi nuclei familiari.
Che si chiami Covid19 o pandemia ha avuto senz’ombra di dubbio un effetto dirompente sulla nostra salute mentale e se il lockdown ha generato la cosiddetta sindrome della capanna, quando i numeri incalzano la paura diventa in assoluto nell’immaginario collettivo un riferimento ed un’ancora di salvezza.
La nostra società liquida, così propensa ad essere flessibile ed al passo coi tempi si adegua e cambia forma, siamo di fronte ad un nuovo modo di concettualizzare la salute, quella psichica e mentale per certi versi risulta meno importante.
Occorre mettere in scala e la priorità oggi è il Covid 19. Gli animi più fragili patiscono solitudini e distanze che diventano voragini, senza alcun controllo sociale in alcuni casi vanno letteralmente alla deriva.
Qualcuno ha avanzato ipotesi funeste, quasi a definire nuove aeree di business ed il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, una onlus di denuncia degli abusi in campo psichiatrico, ha voluto sottolineare il tentativo di medicalizzare alcune reazioni umane che, va detto a scanso di equivoci, sono normalissime reazioni a situazioni emergenziali e fuori controllo.
Sono tutte conseguenze o ipotesi di conseguenze, generate da un inedito che è diventato da mesi routinario. Gli ospedali. I malati, più o meno gravi, sono soli, isolati, ma costantemente monitorati, i tamponi devono essere fatti e vengono fatti, ma i malati restano soli, senza il conforto di una presenza amica.
La comunità reagisce, ma non per tutti le cosiddette restrizioni della libertà sono tollerabili o tollerate, le istituzioni impongono limiti e stabiliscono pratiche, per alcuni risultano abusi.
Le scelte sono sempre frutto di aut aut, da un lato si vince, dall’altro si perde. La scuola Soluzioni intermedie fra FAD e lavoro in classe, ricreazioni contingentate e pochi contatti con i compagni più distanti.
La scuola come agente socializzante si trova costretta ad un ruolo diverso, la didattica, anche quella, diventa non più prioritaria. Lo smartworking è utile e produttivo e ci fa essere a tutti gli effetti più europei, ma la scuola rappresenta qualcosa di diverso ed ha una funzione differente.
Senza necessariamente arrivare ad estremi patologici, ai cosiddetti Hikikomori, i nostri ragazzi stanno vivendo una realtà che li rende più vulnerabili e li fa essere più soli.
In Campania il governatore protende per la chiusura di tutte le scuole, ed è ancora una volta Il Covid a dettare le regole. L’effetto domino potrebbe essere quello di un lockdown mistificato, soprattutto nel caso dei più piccoli, ma il punto è che la scuola perde terreno ed importanza, che la didattica scompare e che i nostri ragazzi si trovano a confrontarsi con una realtà totalmente nuova.
Una realtà che trova impreparati tutti, ma che definisce a volte in maniera drastica nuove dinamiche per delle persone che sono, a tutti gli effetti, in divenire.
La formula “andrà tutto bene” è stato un mantra che ci ha reso uniti e compatti nella speranza, ma gli effetti di ciò che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo non devono essere trascurati.
Dobbiamo essere preparati al dopo, dobbiamo parlare ed assicurarci che la nostra visione della salute non sia parziale o miope. La dimensione dell’essere uomini è qualcosa di più complesso di indagini statistiche e numeri più o meno allarmanti, occorre imparare a difendersi dal virus, ma anche dagli effetti virulenti di una società che si disumanizza.