Roma ed il Museo diffuso di Arte Urbana, uno sguardo contemporaneo sulla città eterna

Roma è maestosa, imponente, ti stupisce e ti cattura nella sua storia millenaria e questa è, probabilmente, l’immagine più consueta e quasi retorica che ciascuno di noi porta con sé dopo averla visitata. Tutto vero e tutto bellissimo.

Esiste, però, anche un’altra faccia della medaglia, esistono delle periferie dimenticate ed esistono delle manifestazioni artistiche spontanee, oggi strutturate all’interno del cosiddetto museo di arte urbana, un museo diffuso e coloratissimo.

Il progetto il MURo è stato ideato e realizzato per la prima volta nel 2010 dall’artista David Diavù, un Museo diffuso di Urban Art, che parla al territorio e con il territorio con lo stesso linguaggio dell’arte che promuove e valorizza: la street art.

Si definisce come un progetto site-specific, proprio per questo rapporto intimo di correlazione fra artista e territorio, due dimensioni culturali che si interfacciano per arricchirsi vicendevolmente.

Il MURo è un progetto community-specific, romanticamente connesso all’anima dei luoghi e delle comunità cui fa da specchio, rappresenta dunque un terreno fertile di confronto con la comunità di riferimento, con i cittadini che vivono quei luoghi.

Il progetto il MUro con le installazioni ed i murales regalati ai quartieri più reconditi, permette di osservare una Roma meno convenzionale, meno irrigimentata dal peso di una storia che spesso la sovrasta.

La street art è un’arte democratica, a fruizione libera e si manifesta, senza tanti pudori, quando meno te lo aspetti. Si ha la possibilità di un vero e proprio tour alternativo, che va dal trullo fino al testaccio, da tor della monaca a tor marancia, passando per tor pignattara ed ammirando fermate metro e stazioni ferroviarie rese belle dalla perizia di artisti davvero eccezionali.

Si possono ammirare dipinti di un’intensità e di una precisione impressionante.

Perdersi per la città eterna, assecondando questo flusso di pensieri, dà la possibilità, fra l’altro, di incontrare autoctoni ed artisti con un senso civico, con un amore per il proprio quartiere che trasuda da ogni piccolo disegno, dalla cura del dettaglio che racconta il loro voler rendere bella la Roma che conoscono, la Roma che vivono nonostante i tanti problemi.

Personalmente ho conosciuto esponenti del gruppo dei cosiddetti Poeti del Trullo, e seppur a volte con punte di rammarico e con qualche polemica nei confronti dell’amministrazione, la solerzia con cui raccontavano la loro Roma, era commovente.

Una cittadinanza attiva che rivendica il diritto di esserci, nonostante tutto e tutti.

Un monito ed un invito per l’amministrazione ad essere propositiva e a promuovere un dialogo con coloro che la città la sentono e la vivono, giacché per questi cittadini il territorio rappresenta quasi una seconda pelle, piccole e grandi cicatrici incluse.

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