Antonia, la serie tv ed il difficile coming out delle donne che soffrono di endometriosi.
Dal 4 marzo su prime video l’argomento scabroso dell’endometriosi è diventata un dramedy.
Valerio Mastrandrea e Chiara Martegiani, diretti da Chiara Malta, sono i protagonisti di una storia dai retroscena drammatici, perché l’endometriosi è un male di cui si parla poco, ma che rende un inferno la vita di chi la soffre.
L’invasione dell’endometrio (mucosa che di solito riveste esclusivamente la cavità uterina, n.d.r.) di organi differenti, produce aderenze e dolori lancinanti, invalidanti e costanti.
Si tratta di una malattia cronica e per molte donne rappresenta una condanna da cui vengono liberate solo cessato il periodo fertile.
Le conseguenze della malattia sono molteplici e nella serie vengono tutte elencate, dagli spasmi della protagonista che, spesso, è costretta a rinunciare a lavori, alle difficoltà a concepire, fino quasi alla vergogna di dover ammettere che non è un dolore normale, che non è semplice gestirlo e che si ha bisogno di comprensione.
Chiara Martegiani, nelle vesti di Antonia, lo dice a chiare lettere più volte e l’ha sempre fatto fin dal primo menarca… “lei sta male”.
Si tratta di un male poco compreso e spesso ridimensionato perché, in fin dei conti, il dolore di una donna è contemplato come necessario, un corollario dell’essere nate femmine.
Antonia è una serie che ha avuto il merito di puntare il riflettore su un fenomeno che, altrimenti, non riceve quasi mai la giusta attenzione e che a soffrirne siano, secondo i dati del Ministero della Salute, circa 3 milioni di donne, evidentemente non è abbastanza importante.
Lo stile dramedy alleggerisce il carico delle riflessioni che inevitabilmente la serie suscita, per lo meno in donne che soffrono dello stesso male e che dalla protagonista si sentono rappresentate, ma non solo; per lo meno questa vuole essere una speranza ed un augurio che a prendere consapevolezza di questa patologia siano sempre più persone.
L’endometriosi viene spesso diagnosticata tardi o casualmente, come nel caso di Antonia, ed implica un percorso fatto di interventi e di un dolore che accompagna anche lo stesso piacere; anche gli stessi rapporti sessuali possono diventare complicati.
La lotta per dare voce e per certificare l’invalidità connessa alla malattia è in atto da anni, ma una serie che esplicitasse il punto di vista di chi ne soffre rappresenta una bella occasione per divulgarne la conoscenza.
Con Antonia si può anche sorridere, ma sarà sempre il sorriso con il retrogusto amaro necessario a far capire quanto sia difficile empatizzare con il dolore e l’imbarazzo di una donna che deve “giustificarsi” perché soffre e non può lavorare, non può esserci e, in alcune circostanze, non può neanche vivere con pienezza.