Basilica di San Gavino – Porto Torres

Porta d’accesso al Sassarese, si affaccia sul mare al centro del golfo dell’Asinara ed è una delle maggiori città del nord della Sardegna: stiamo parlando della città di Porto Torres che nasce come uno dei primi porti del Mediterraneo ancor prima della denominazione romana.

Oggi conta circa 22 mila abitanti e concentra due millenni di storia raccontata da preziosissimi tesori archeologici e monumentali come: l’imponente Torre aragonese (1325) che sorge nel porto della città – nel passato era, infatti, faro e strumento difensivo, oggi è sede di mostre – e la Torre di Abbacurrente (1578) che segna l’inizio del tratto turritano di Platamona ma anche il parco archeologico che ospita l’antica città romana di Turris Libissonis e la maggior parte dei monumenti romani di Porto Torres.

La città vanta, inoltre, spettacolari attrazioni naturalistiche come le alte falesie che si tuffano nel mare azzurro attraverso graziose calette di sabbia, come la spiaggia di Balai che prende il suo nome dalla caratteristica chiesa a picco sul mare nota con il nome di San Gavino a mare (o di Balai vicino).

Si tratta di una piccola caletta delimitata da una serie di insenature rocciose: la sabbia fine e l’acqua cristallina poco profonda fanno di questa spiaggia la più frequentata della zona di Porto Torres.

Ma Balai vicino e Balai lontano, nomi che ci fanno un po’ sorridere, corrispondono rispettivamente ai luoghi della prima sepoltura e a quello del martirio dei tre santi che danno il nome alla Basilica, Gavino, Proto e Gianuario, compatroni della città, e la cui storia, di grande valore spirituale, ha fortemente caratterizzato le usanze locali.

Essa risale al 303 d.C., quando a Roma imperavano Diocleziano e Massimiano e Barbaro era Governatore di Corsica e Sardegna.

In quel tempo, i due imperatori emanarono una serie di editti che obbligavano i cristiani ad abiurare la propria religione in favore di quella pagana, rischiando altrimenti l’arresto, la tortura e persino la morte.

Proto e Gianuario erano un presbitero e un diacono che vennero arrestati da Barbaro proprio perché predicavano il Vangelo ed ebbero l’ardire di affermare pubblicamente che si doveva obbedire a Dio prima che agli uomini; essi rivolgevano fermamente solo all’Eterno le loro preghiere, perché rivolgersi a delle pietre era da considerarsi un atto di sconsideratezza, ovvero di una mente del tutto folle.

Per tale motivo, i due uomini vennero condannati alla tortura ed affidati ad un soldato, Gavino, che divenne il loro guardiano.

Questi, sentendoli spesso pregare e parlando con essi, non solo capì presto che i due erano innocenti ma si convertì anch’egli e tentò di far ravvedere anche il Governatore Barbaro che, però, non sentendo ragioni, li fece decapitare tutti e tre.

All’interno della Basilica di San Gavino di Porto Torres, dunque, esistono tre simulacri lignei policromatici che raffigurano i martiri sopracitati, opera di anonimi intagliatori-pittori, verosimilmente di bottega napoletana, che li realizzarono nei primi decenni del Seicento.

Le statue rappresentano i tre martiri distesi sul letto funebre, con i polsi legati da corde e, come unico riferimento al loro martirio, il segno del taglio della gola.

Le tre statue, oltre ad essere delle spettacolari opere d’arte, costituiscono veri e propri oggetti di culto in quanto vengono trasportati, il 3 maggio di ogni anno, dalla Basilica alla chiesetta di Balai vicino ove rimangono, alla devozione popolare ed al contatto fisico con i fedeli, fino alla Pentecoste, giorno in cui fanno ritorno in Basilica con una solenne processione alla quale partecipano migliaia di persone.

Ma la Basilica è uno dei monumenti più significativi dell’intero patrimonio artistico sardo. Essa possiede una pianta longitudinale a tre navate, divise da arcate su 22 colonne di spoglio e tre coppie di pilastri cruciformi: la navata centrale ha una copertura lignea, mentre le navate laterali sono voltate a crociera.

L’edificio fu realizzato in calcare della Nurra tranne i capitelli, su cui impostano le arcate, che sono tutti marmorei e di reimpiego e di epoca romana imperiale fatta eccezione per tre di epoca bizantina e uno risalente all’VIII secolo.

Lungo tutto l’edificio si aprono monofore che permettono alla luce di entrare nella basilica: alcune sono più antiche, con strombo gradonato, sostituite poi da luci con strombo liscio.

All’esterno la basilica si presenta invece scandita in specchi da una serie di lesene su cui poggiano degli archetti: a nord si colloca l’unico portale romanico superstite, decorato da due figure umane raffiguranti Adamo ed Eva; a sud si apre un portale del XV secolo, in stile gotico-catalano.

La Basilica è il monumento romanico più grande della Sardegna (m 58 x 19, altezza m 17 circa).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *