C’era una volta…Il pane
Molti secoli prima di diventare il granaio di Roma, la Sicilia, tramite i colonizzatori greci, conosceva l’arte della panificazione e con il culto della dea Cerere divenne la culla della civiltà del grano. Il pane in Sicilia è cultura, storia, tradizioni, fatica. L’uomo vero era colui che mangiava il pane “travagghiatu” con il sudore della propria fronte. Il pane veniva considerato “grazia di DIO”, doveva essere spezzato con le mani non con il coltello, a tavola non doveva essere capovolto perché era come se si voltassero le spalle al Signore, prima di cominciare a mangiare si recitavano le preghiere. . La mitologia delle forme è ancora vivissima: a San Biagio, protettore del mal di gola, viene dedicato il “pane cannarozza” con le sembianze di una trachea, il pane di S. Lucia, protettrice degli occhi, “le minne” prodotte pe la festa di S. Agata e così via lungo il corso delle varie dominazioni.
Il pane tipico della Sicilia è la”mafalda” ha la forma ad “S”, dalla crosta dorata e dal delicato sapore di semi di sesamo. Dato l’impiego della “giuggiulena” la ricetta potrebbe essere di origine araba. La storia racconta che questo pane sia stato realizzato a Palermo e quando la ricetta giunse a Catania ai primi del Novecento un maestro della panificazione volle dargli quel nome in onore della principessa Mafalda di Savoia.
Ancora oggi una mafalda calda con una bella fetta di mortadella con pistacchio è una goduria, altro che panini con wurstel e crauti. A Palermo la mafalda si accompagna alle panelle e alle crocché e in alternativa alla “vastedda”alla “meuza”
Le più cruente rivolte nei secoli furono causate proprio dalla penuria di questo alimento che per la sua importanza condizionava la vita della popolazione più povera e soggetta alle angherie dei potenti di turno.
Oggi buona parte della popolazione vive nell’abbondanza e nel lusso, non può neanche lontanamente immaginare il degrado in cui vivevano i nostri progenitori, forse basterebbe volgere lo sguardo verso l’altra parte del mondo per accorgersi che forse il Medioevo non è stato debellato del tutto.