LA VOCAZIONE DEL SILENZIO NELLA SETTIMANA SANTA

Pe chi vive di ascolto nelle grandi metropoli, in mezzo al traffico cittadino e nelle fabbriche tra macchinari e mezzi rumorosi, staccare la spina durante la settimana Santa è un bene dell’anima e del corpo. In Teologia è un tema trattato dai grandi maestri di religione, trattato dedicato proprio al rapporto tra parola e silenzio, il giorno prima di Pasqua privo di celebrazioni in tutte le chiese aspettando la Risurrezione. 

La pandemia che stiamo vivendo ci ha isolati e ci ha tolto, oltre al contatto fisico, anche la parola. La Settimana santa suggerisce il silenzio in omaggio alla crocifissione di Gesù, non mostra soltanto il silenzio, ma rivela che nel silenzio noi percepiamo quello che Lui ci suggerisce. In questo senso ognuno potrebbe fare la propria esperienza, come hanno fatto i Santi nell’orto del GETSEMANI, da dove ha cominciato a discendere la Misericordia dell’amore per il figlio in Croce. 

La pandemia ci ha fatto sperimentare la misericordia per il proprio figlio, padre, nonno o zio morente, senza poterci stare vicino nel suo ultimo respiro, una condizione che ci siamo misurati con il silenzio di Dio, espressione importante nella preghiera e nella stessa parola invocata: pietà per chi soffre e la paura di tornare al Padre. In quei momenti anche Dio rimane in silenzio di fronte alla preghiera dell’uomo in croce, che ci fa credere un senso di abbandono, nella disperazione in cui ci sembra che Dio non ascolta e non risponda. Questo silenzio di Dio è avvenuto anche per Gesù in croce, ma non segna la sua assenza.

 Il Silenzio è capace di farsi spazio interiore per fare abitare Dio, per ascoltare la Sua parola, registrato in animo umano in ogni azione di disperazione. Noi cristiani sappiamo bene che il Signore è presente e ascolta anche nel tunnel del dolore, nel buio dello sconforto e della solitudine, è questa la percezione dell’uomo in ginocchio ai piedi del Crocifisso.

Carmelo Santangelo

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