Scuole. L’Italia non è pronta a ripartire.
L’anno scolastico non si prospetta roseo.
I dirigenti scolastici e il corpo docenti non sembrano pronti ad affrontare il sistema. Già dai primi ingressi degli alunni, obbligati ad un’autocertificazione giornaliera dopo essersi misurati la temperatura a casa, si è registrato un malumore generale dei genitori costretti ad adeguarsi alle disposizioni scolastiche sempre mutanti, alla confusione di idee e gestione delle classi e soprattutto ad orari di ingresso e di uscita ridotti e instabili.
Non si è tenuto conto che chi lavora non può permettersi il lusso di stare dietro alle dinamiche ancora incerte per lungo periodo.
Purtroppo si prospetta un periodo di sconvolgimento totale degli assetti familiari e di lavoro. Nessuna risposta da parte delle istituzioni il cui unico obiettivo non pare essere la formazione ma la sicurezza sanitaria.
Classi pollaio con 28 alunni non possono essere ospitati nelle aule standard con i vecchi banchi, e alcuni ragazzi si sono ritrovati a fare lezione seduti sulle sedie senza piano di appoggio a scrivere nei quaderni sulle gambe.
Per non parlare del caldo in aula e il rischio respiratorio visto che le provvisorie tre ore di permanenza con mascherina non prevedono boccate d’aria.
Ancora si discute su come far fare la ricreazione e dunque, per intanto non si fa.
Per non parlare dei docenti “fragili” che devono comunque tenere le lezioni a distanza anche in presenza degli alunni a scuola e costretti al doppio della fatica per interferenze continue che disturbano la lezione.
La domanda è: che senso ha tutto questo? Non sarebbe il caso di proseguire con la didattica a distanza fintanto non si abbiano le idee chiare sulle sicurezza generale, senza condannare i genitori a stare dietro ai paletti del Miur che impone regole a libera interpretazione, scaricando le responsabilità sui dirigenti e sui docenti, incutendo timori ai genitori e agli alunni?
L’Italia non è davvero pronta. Tanta teoria e poco senso pratico. Anche il personale Ata è davvero spaventato, forse più per le conseguenze disciplinari che per il pericolo del contagio.
Di certo questo clima di paura non aiuta nessuno e i ragazzi non sembrano entusiasti di un ritorno in aula a queste condizioni.
Valeria Barbagallo