C’era una volta

di Antonio Sozzi

Fino a qualche decennio fa alle prime luci dell’alba nei paesi e nelle strade periferiche delle città si udiva una “banniata”:

“Donne, è arrivato l’arrotinooo!. Si aviti foffici e cuteddi, umbrella e cucina a gasse, tutto aggiusta!”

Questo urlo o “banniata” dovrebbe entrare di diritto nel patrimonio immateriale da tutelare.

Racconta un pezzo della nostra storia, anni di povertà e miseria, quando qualunque attrezzo non funzionante veniva aggiustato, riparato, riusato perché niente veniva buttato nei rifiuti.

L’arrotino utilizzava un carretto che al momento opportuno si trasformava in uno strumento di lavoro, alla ruota veniva agganciato un pedale e una cinghia di trasmissione per il movimento della mola.

Con il bello e il cattivo tempo girava per i vari paesi, a pranzo si accontentava di una fetta di pane con pomodoro.

Il mestiere errante dell’arrotino veniva tramandato di padre in figlio, per “conquistare” il mercato doveva eseguire il lavoro a regola d’arte e usare la competenza che aveva acquisito nell’arco del tempo a prezzo di duri sacrifici.

Al suo richiamo le donne del paese accorrevano per affilare i coltelli e le forbici, aggiustare gli ombrelli, sistemare le pentole bucate ed anche, per chi le possedeva, le cucine a gas-se.

Anche noi bambini ci precipitavamo curiosi di vederlo all’opera, con gli occhi sgranati dallo stupore ammiravamo la ruota che girava, ora veloce, ora lenta con alcune gocce che cadevano da un barattolo gridando felici all’apparire delle luminose e colorate scintille prodotte dallo sfregamento della lame con la mola.

L’arrotino era abile nel corteggiare le donne dando le giuste risposte per ogni esigenza, era conosciuto, stimato, rispettato ed anche atteso perché sapevano che sarebbe sempre arrivato puntuale.


-Sabbenadica a vui mastru Binnardu….
-Chi vidunu ‘i me’ occhi ‘stu matinu!….
-Pirchì siti accussì tantu biffardu…..
chi forsi aviti già bivutu vinu?….
‘Ossia m’ammola ‘a forbici ca è tardu!….
M’allestiri ca dopu c’è ‘u fistinu!…..
-Parrannu cu rispettu e cu riguardu,
lu “martiri”, chi è di cca vicinu?….
-Chi sensu havi ‘a “musica ca sona”?…
-A và, donna Carmela, ‘nta ‘sta strata
Cà vostra vuci” ‘u tagghiu e cusi ‘ntrona”
‘nsemi chi so’ cummari di “curdata”.
Vistu ca ora ‘a forbici è già bona
Ci ‘a dassi a lo so’ lingua ‘n’accurzata!

NB dalla poesia”Ammola forbici e cutella”

di Orazio Minnella.

I mestieri di un tempo, ormai, sono soltanto ricordi sbiaditi appartenenti ad una generazione passata ma sopravvivono nel cuore di molti siciliani e noi abbiamo il dovere di mantenerli vivi per i nostri nipoti.


ANTONIO SOZZI

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