SOCIETÀ. LA NUOVA PROIEZIONE DELL’UOMO

Che ci trovassimo dinanzi ad un mutamento sociale è ormai evidente quanto allarmante. Non si tratta di un cambio generazionale in cui il nuovo viene visto come rivoluzionario e foriero di nuove prospettive. Qui si tratta di un mutamento parallelo ad una involuzione dei valori e ad un “impoverimento culturale e umano”. 

Queste sono le parole del professore Salvo Squillaci, docente di sociologia all’Università di Catania durante un dibattito sulla legittima difesa. 

La sua disamina spazia dai bisogni attuali dell’uomo come cittadino alla sua veste più intima di persona. Come cittadino è chiaro che avverte un bisogno maggiore di sicurezza e protezione, messa in discussione dai precedenti ed attuali scenari politici. “Le antiche sicurezze di una volta sembrano sfuggire di mano”. L’uomo si sta inasprendo in una visione autoreferenziale del proprio essere. Il mutamento sta avvenendo in virtù di una posizione sempre più accentrata dei propri bisogni, perdendo il senso collettivo del bene pubblico, come il semplice gesto di buttare la carta a terra. La filosofia del “ Tanto che m’interessa” e del “chissenefrega” rappresenta  l’attuale realtà trasversale che ha perso di vista il senso della comunità. Già la si avverte nelle scuole e nelle famiglie, per cui i cittadini del futuro saranno formati nell’assenza più totale del senso della condivisione civile e del senso di responsabilità.  

C’ è un qualunquismo esibito con arroganza e sicumera, i social network  contribuiscono a far diventare protagonista chi invece è privo di competenze e si erge a tuttologo. Ricerca di edonismo sfrenato, mancanza di ideologie ferree, scelte partitiche che risentono di un camaleontismo impressionante hanno visto la gente votare nell’arco di dieci anni per quattro o cinque partiti diversi, senza una ideologia stabile.  

C’è una grande rabbia sociale, c’è una intolleranza globale di chi è diverso e dello straniero, c’è tanta insicurezza nelle istituzioni e voglia di farsi giustizia da sé. Manca l’ordine sociale. 

Ecco che la legittima difesa, in questo contesto corre il rischio di essere considerata una forma di giustizialismo lecito. Un rimedio che potrebbe diventare peggiore del male. Autodifesa, come scelta o piuttosto una forma istituzionale di tolleranza zero?

Ecco cosa dobbiamo evitare. Piuttosto occorre una maggiore partecipazione del cittadino, che denuncia, che si renda attivo con le istituzioni, che segnala. 

La vera difesa parte dal nostro senso di responsabilità, dalla prevenzione piuttosto che dal rimedio. 

Difendersi è legittimo, eccedere è un offesa, affidarsi alle istituzioni è un diritto e un dovere civico.  

Occorre ritornare al valore della società come comunità e condivisione del benessere comune. 

Valeria Barbagallo

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