Dal 1 Ottobre 2021 al 13 febbraio 2022, al MAXXI di Roma la mostra di Sebastião Salgado sull’Amazônia
Più d 200 opere del fotografo Sebastião Salgado alla galleria 4 del Maxxi d Roma e grazie all’attenzione della curatrice Lélia Wanick Salgado, un viaggio dentro emozioni e sapori ancestrali.
Un grido di protesta, che vive con video ed immagini forti e che ci ricorda una dimensione di vita, spesso, troppo spesso dimenticata.
Entriamo a piccoli passi dentro la foresta amazzonica e siamo trasportati da suoni che ne ricordano l’essenza.
Dobbiamo ringraziare Jean-Michel Jarre per averci dato la possibilità di dare spessore e concretezza ad un’esperienza che diventa sinestica ed immersiva, la colonna sonora della mostra è il suo omaggio per una verità che palpita dietro ogni fruscio di foglia.
A gridare vendetta è il nostro ecosistema, fragile e costantemente osteggiato dalla frenesia collerica dei nostri tempi.
Dalla visione della mostra ricaviamo un’intuizione, che è premessa per un viaggio dentro noi stessi.
Dove esistono e, nonostante tutto, persistono le comunità indiane, la foresta resta immutata.
In tempi come questi, dove la questione ambientale prende sempre più piede per spaventarci, senza però trasformare in maniera consistente il nostro sentire, la mostra rappresenta un invito a riflettere su come gli uomini entrino in relazione con la situazione ecologica.
In un momento in cui, con COP26, si sta discutendo sul destino del mondo, sui cambiamenti climatici, le foto colgono l’essenza sana della foresta, sono le foto che rappresentano la speranza e l’opportunità per tutti di cambiare rotta.
Una richiesta di aiuto che sa parlare la lingua del cuore, coniugando emozioni variopinte a presenze attive, che stimolano ad inventare nuovi verbi e nuove azioni.
Sei sezioni distinte, l’Amazzonia vista dall’alto, Dissetare il continente, Piove nella foresta pluviale, Vette inattese si ergono dai bassopiani, Paura ed ispirazione, Isola nella corrente con immagini di una bellezza sconvolgente, frammezzate da racconti di tribù, di vite che si scagliano contro lo spettatore con nudità emblematiche.
Sebastião Salgado ha reso partecipi queste tribù, ha spiegato loro significato e dimensioni del progetto creativo, dandogli la possibilità di essere contemporaneamente uno strumento e di vestire i panni dei protagonisti di un’idea di riscatto, cosicché ciascuno avesse una nuova consapevolezza del proprio ruolo.
Uno scambio, un crossing-over.
Tutto questo emerge, emerge la verità di ogni scatto.
Le tribù vivono la mostra, come vivono nella foresta, avendo delle case all’interno di essa, delle strutture create ad hoc per ricordare all’uomo la sua responsabilità nei confronti della natura.
Sebastião Salgado è un fotografo con il gusto della scoperta, dell’inedito, con l’interesse conoscitivo di un antropologo, che sa scandagliare l’animo anche più resistente, comunicando la forza espressiva dell’esistere, nel suo significato più naturale.
Marilena Sperlinga